Riflessioni su due EXPO : una, mai svoltasi, ma
programmata a Roma nel 1942 e l’EXPO di Milano 2015.
L’EXPO di Milano 2015 è servita anche a valorizzare
uno dei prodotti simbolo dell’impresa italiana, l’agro alimentare. L’olio
extravergine di oliva, il vino, la pizza, per non parlare della pasta e di
alcuni formaggi, sono prodotti di eccellenza italiani, ma anche il marco di
fabbrica della cosiddetta “dieta mediterranea” che è divenuta un vero e proprio
status simbol del nostro paese. Indagini scientifiche, ormai consolidate, ci confermano
che, se la popolazione italiana è la
seconda più longeva al mondo, dopo i giapponesi, lo si deve in primo luogo
all’alimentazione. Alimentazione che, in
Italia, a detta di tanti, è tra le più gustose al mondo, ma fa anche bene alla
salute. Non si vuole certo affermare che “l’uomo è ciò che mangia” ; si conosce
bene ormai quanto sia inscindibile l’unità tra corpo e psiche, quanto siano
complessi i fattori che regolano l’esistenza dell’uomo, in special modo
nell’attuale epoca dominata da internet e dai social media. Si vuole
semplicemente mettere in evidenza quanta importanza occorre dare
all’alimentazione. L’EXPO di Milano ha meno centrato l’obiettivo di essere
vetrina alla lotta alla fame nel mondo,
a testimonianza, ove mai ce ne fosse bisogno che, interessi commerciali
ed imprenditoriali, non sempre si associano a progetti umanitari e di aiuto ai
più deboli.
Prima dell’EXPO di Milano 2015, c’è stato un tempo in
cui si pensava a “prolungare la Terza Roma verso il mare” e si credeva che
questo dovesse avvenire attraverso un’esposizione universale. L’Expo di Roma
del 1942 non si svolse mai, per il fallimento del fascismo e per i nefasti
eventi della seconda guerra mondiale. Fallì quindi anche il tentativo di far
divenire l’EXPO del 1942, il simbolo
della volontà di potenza del fascismo. Divenne invece il simbolo del fragoroso fallimento del fascismo. Ciononostante
portò alla nascita di un quartiere che, completato nel secondo dopoguerra,
resta ancora oggi quasi una città a parte, uno dei luoghi più riconoscibili di
Roma, nella sua identità: l’Eur (acronimo di Esposizione Universale Roma). Le vicende, architettoniche e umane, di un
quartiere come cartina di tornasole della parabola di un regime, una
microstoria che contiene in sé un capitolo della biografia nazionale, perché
nel programma dell’esposizione universale c’è tutto il fascismo, visto che il
tratto peculiare della mostra doveva essere il suo carattere celebrativo e
maestoso, a testimoniare i fasti di un’epoca che si dimostrò invece infausta,
un ventennio dittatoriale che, fortunatamente è stato sconfitto e non è più
tornato. Molte delle costruzioni
ipotizzate per l’Expo del ’42 non furono mai realizzate, come la porta
imperiale, "l’arco della nuova Roma", o le avveniristiche fontane. Molte
altre sono ancora lì, insieme ad ampie strade, parchi, fontane. L’esposizione
del 1942 per festeggiare i vent’anni della presa del potere da parte di
Mussolini, avrebbe dovuto essere, secondo gli organizzatori, una sorta di Olimpiade della civiltà, in cui
ovviamente avrebbe trionfato quella italiana, grazie al messaggio
dell’architettura monumentale. Gli artisti al lavoro per Expo dovettero tutti
dichiarare di aderire ai principi ispiratori dell’Esposizione e di non
appartenere alla razza ebraica Gran parte delle opere decorative, però, non venne mai
realizzata. Nel dopoguerra il quartiere
prese vita, fu oggetto di nuovi
investimenti. Abitare all’Eur divenne uno status simbol e l’alta borghesia lasciò,
in parte, Roma Nord, per trasferirsi a Sud.
Un regime dittatoriale tentò la realizzazione di un’EXPO a Roma, senza
riuscirvi, ma contribuendo alla realizzazione dell’EUR. L’Italia democratica ha realizzato, con grande
successo internazionale, l’EXPO di Milano 2015. Dalle ceneri della fallita EXPO
di Roma del 1942, nacque un quartiere di Roma, l’EUR, con una sua precisa caratterizzazione. Cosa
resterà dell’EXPO di Milano 2015 ? C’è da augurarsi che rimanga un luogo vivo, destinato a creare nuovi
progetti, nuova occupazione per i giovani, divenga un luogo di sviluppo della
socialità e non venga abbandonato.
Rocco Maria Landolfi