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Al rientro da Pechino – parte seconda –


Le Azioni intraprese

Tra i temi  della dichiarazione di Pechino che le donne italiane hanno puntato al rientro da Pechino per poi  riflettere in incontri dal titolo” Portare a casa Pechino” sono stati :
La soluzione non violenta dei conflitti e la costruzione di condizioni positive per la convivenza pacifica;
La costruzione di una politica autonoma ed efficace delle donne a livello transnazionale nel contesto dei processi di globalizzazione e di spostamento dei centri di potere;
La rilettura della violenza sessuale nell’ambito più ampio della sessualità e dell’autodeterminazione femminile;
L’analisi delle ricadute dei processi di trasformazione economica, sociale e politica sul lavoro e sulla esistenza delle donne;
Il riconoscimento del lavoro di riproduzione come elemento per mutare il modello economico e sociale;
La relazione con le emigrate e le rifugiate del nostro paese e la messa a tema della problematica dell’emigrazione;
Il fenomeno del fondamentalismo e dell’integralismo, ivi inclusi gli integralismi presenti nelle chiese cristiane;
Empowerment, mainstreaming, follow-up sono state le parole d’ordine che hanno caratterizzato l’appuntamento di Pechino. In quell’occasione sono stati affrontati i nodi cruciali che condizionano, ancora oggi nel mondo, le discriminazioni e le diseguaglianze: dalla diversa ridistribuzione delle risorse  per il superamento delle discriminazioni e per il reale riconoscimento ed esercizio da parte delle donne dei diritti umani.
Un altro punto fermo della conferenza di Pechino è stato rendere esplicito il punto di vista delle donne nelle decisioni politiche ed economiche mondiali, a cominciare dalla consapevolezza di essere una risorsa.  Era comune l’idea di un cambiamento di modelli economici e politici: un cambiamento che doveva essere promosso e diretto da leadership femminili , con una progressiva acquisizione di autorevolezza delle donne.
E’ stato ribadito che la politica delle donne è una politica trasversale, e che non c’è sviluppo senza la piena attuazione dei diritti delle donne.
Per la prima volta i diritti delle donne sono stati considerati come diritti umani e inalienabili e indivisibili. La violazione dei diritti delle donne è violazione dei diritti umani per cui le violenze sistematiche, la schiavitù sessuale, gli stupri etnici, lo sfruttamento e la tratta delle donne e delle bambine, i pregiudizi culturali, gli estremismi religiosi dovevano  essere sradicati dai governi con azioni più efficaci. I 38 paragrafi della Dichiarazione finale di Pechino sono stati approvati da tutti i governi ad eccezione di quelli riguardanti i diritti sessuali, la definizione di famiglia e la capacità patrimoniale approvati con riserva da alcuni Paesi. Il Programma di azione approvato a Pechino è stato suddiviso in 12 aree di interesse:
Donne e povertà ;Istruzione e formazione alle donne; donne e salute; la violenza contro le donne; Donne e conflitti armati; donne ed economia; Donne, potere e processi decisionali; meccanismi istituzionali per favorire il progresso delle donne; diritti fondamentali delle donne; donne e media, donne e ambiente; Le bambine;  con gli obiettivi da raggiungere tra i quali aprire alle donne l’accesso al risparmio e ai meccanismi e agli istituti di credito; la parità di accesso all’educazione; alla formazione professionale, all’informazione e alla salute anche sessuale, le violenze fisiche e psicologiche contro le donne, anche in occasione dei conflitti armati; rafforzare le capacità economiche e le reti commerciali delle donne; l’eliminazione della segregazione professionale e delle discriminazioni nel lavoro; la ridistribuzione equa delle responsabilità familiari tra donne e uomini, la parità di accesso al potere e ai processi decisionali;  integrazione  della parità e pari opportunità in tutte le politiche e in tutti i programmi; coinvolgimento attivo delle donne nei processi decisionali relativi all’ambiente a tutti i livelli; l’impegno da parte dei governi per il pieno e uguale godimento dei diritti fondamentali  delle donne e delle bambine , perché inalienabili , parte integrane e indivisibile dei diritti umani universali.
I Governi come il nostro, si sono impegnanti sottoscrivendo a Pechino la Dichiarazione ed il Programma d’Azione ad attuare attraverso Piani di Azioni nazionali.
Il primo impegno , promosso dal governo , si è concretizzato nella nomina per la prima volta di una ministra per le pari opportunità  ( Finocchiaro) con il compito di attuare il Programma d’azione di Pechino,  e di altre due ministre donne(Turco e Bindi).
Il primo atto del governo italiano è stata la sottoscrizione della Carta di Roma ( che fu sottoscritta il 18 maggio 1996  da  15 ministre europee, riconoscendo  azioni concrete a tutti i livelli per promuovere la partecipazione ugualitaria di donne e uomini ai processi decisionali in tutte le sfere della società; e ciò anche con riferimento alle previste modifiche del Trattato di Maastricht.)
e la legge sulla violenza sessuale dopo 10 anni di attesa( 1996)
Ogni anno, inoltre, i Paesi sottoscrittori si riuniscono a New York per monitorare i risultati raggiunti a partire dalla Conferenza Mondiale delle Donne di Pechino tenutasi nel 1995.
In occasione dai  vent’anni da Pechino la Commissione europea ha proposto attraverso l’EIGE (Istituto Europeo per l’uguaglianza di genere)  di sviluppare un indice di uguaglianza di genere tra donne e uomini 2010-2015, per valutare lo stato e il progresso dell’uguaglianza tra donne e uomini.
L’obiettivo dell’indice non è soltanto quello di misurare l’uguaglianza di genere negli Stati Membri  ma valutare le varie misure politiche attuate nel campo dell’uguaglianza di genere. Il quadro concettuale dell’indice  elaborato da esperti dell’EIGE   si basa sul concetto di uguaglianza di genere così come espresso nei trattati UE, nei documenti legislativi , nonché sul quadro di ricerca di genere e/o sull’uguaglianza suddiviso in otto settori in cui è possibile misurare le disparità di genere: Lavoro- Denaro, Conoscenza, Tempo, Potere, Salute, Disuguaglianza trasversali, Violenza.
E’ Stato sottolineato  l’’impegno comunitario ed internazionale a portare  avanti politiche antidiscriminatorie e per il raggiungimento delle pari opportunità  attraverso  la  centralità dello strumento rappresentato da organismi (specialized equality bodies) caratterizzati da un ruolo di promozione e controllo e dotati di autonomia di risorse e mezzi sufficienti.
Dal punto di vista delle fonti interne, l’intera materia della non discriminazione di genere, sia in ambito lavorativo che in tutti gli ambiti di esplicazione, è raccolta nel testo unico di cui al d.lgs 11 aprile 2006 n. 198 ( Codice delle pari opportunità tra uomo e donna )  dove  sono evidenziati  le figure delle consigliere di parità  e gli organismi  di parità.
La dichiarazione di Pechino è ancora attuale e molti punti non sono stati ancora raggiunti come la disparità salariale e la disoccupazione delle donne,   in particolare delle giovani donne, la salute e  la violenza sulle donne e le nuove povertà. Bisogna lavorare di più sulla  democrazia paritaria, sulla parità di genere, sull’economia e l’idea di sviluppo a partire dai lavori di cura, sull’ ’imprenditoria, sull’educazione al genere, l’integrazione delle donne immigrate e sulle  statistiche di genere.


Luisa Festa