Nel
diritto romano il termine status era usato per indicare la condizione giuridica
di una persona, cioè la sua capacità di godere di un determinato diritto
civile, politico o patrimoniale. Esistevano tre tipi di status: lo status di
persona libera (status libertatis), ovvero la condizione di chi nasceva libero
o lo diventava per concessione del padrone; quello di cittadino (status
civitatis), cioè la condizione di cittadino romano; infine lo status familiare,
ossia la condizione di membro di una famiglia o casato (status familiae).
Il
termine ha conservato ancora oggi questa accezione giuridica, ma in sociologia
e nel linguaggio comune è usato con un significato più ampio e generico.
Da
un lato è impiegato per indicare la posizione sociale di un individuo, un
gruppo o una categoria di persone; dall’altro è considerato sinonimo di
prestigio, cioè onore, rispetto, deferenza, riconoscimento sociale. Collegando
i due significati, si può definire lo status come quel complesso di risorse
sociali ambite e considerate desiderabili – ricchezza, potere, prestigio – che
sono associate a una data posizione sociale o a chi la occupa.
Una
distinzione importante è quella tra status ascritto e status acquisito. Lo
status è ascritto quando è attribuito per nascita, sulla base di
caratteristiche indipendenti dalla volontà, dalle capacità e dalle azioni degli
individui: la famiglia di appartenenza, il gruppo etnico, il sesso, l’età e via
dicendo; acquisito è quando viene ‘conquistato’ o attribuito grazie alle
capacità, al talento, agli sforzi e all’intraprendenza degli individui.
L'espressione
status symbol è apparsa la prima volta nel 1955 ma è chiaro che il concetto,
pur non avendo questo nome, esisteva già.
I
primi homo sapiens vestivano con pelli di animale per dimostrare la loro
abilità nella caccia; più pelli avevano addosso e più erano tenuti in
considerazione dagli altri.
Nel
Medioevo la posizione sociale era testimoniata dal “castello”. Più era posto in
alto e meglio era, questo perché il possedimento si estendeva (secondo legge
normanna) fin dove si poteva spingere l'occhio.
In
epoca rinascimentale lo sfarzo dei palazzi e delle ville toccò l'apice. Arazzi,
quadri, statue e giardini con fontane, facevano bella mostra dello status
sociale del proprietario. Avere dei pavoni sul prato era molto chic, voliere
con falchi ed aquile ancora meglio, un'arena per il combattimento dei licaoni,
il massimo. La dimora non doveva avere meno di venti stanze per non far
decadere la propria reputazione.
Le
società tradizionali e premoderne sono caratterizzate in genere da un rigido
ordinamento gerarchico in cui le posizioni di status sono sempre ascritte, cioè
assegnate per nascita.
Negli
anni '50 e '60, del secolo scorso, si affermarono le dinastie industriali,
gente operosa decisa a ricostruire il tessuto sociale ed economico del proprio
paese e diventare infinitamente ricchi.
Tra
loro vale la pena citare Rockefeller, Onassis e la famiglia Agnelli. Il loro
concetto di status symbol ricalca più o meno il vecchio modello, espresso dal
possedere un grattacielo, un panfilo lussuoso o una squadra di calcio, ma
vengono introdotti elementi nuovi e personali, come il caratteristico Rolex ed
altri oggetti che connotano un appartenenza ad un determinato stile di vita.
Oggi
il fenomeno si è molto allargato. In qualsiasi fascia sociale possiamo trovare
uno status symbol proporzionato alla stessa.
Rocco Maria Landolfi