“Questo
secondo contributo, insieme ad altri che verranno pubblicati sul sito
madrigaleperlucia, è il frutto di un lavoro svolto da alcuni studenti e
studentesse che hanno seguito i corsi di Storia delle filosofie europee
(triennale) e di Filosofia e storia delle idee (magistrale), presso il
Dipartimento di studi umanistici dell'Università degli studi di Napoli
"Federico II". Il corso della triennale è stato dedicato al filosofo
scozzese David Hume, quello della magistrale ai filosofi spagnoli Ortega y Gasset
e Maria Zambrano. Gli elaborati si concentrano su alcuni concetti chiave del
loro pensiero e invitano a una riflessione più ampia con il nostro presente. Ho
scelto e proposto la pubblicazione di quelli che mi sono sembrati più
significativi nella sezione da me curata”. Stefania Tarantino
Lo
svelarsi della persona umana come presa di coscienza di sé in María Zambrano
La storia di qualsiasi luogo è spesso simile a
quella di ogni altro. Ogni patrimonio culturale, storico, sociale, si fonda e
si tramanda attraverso una lotta continua, esplicita o meno. Anche se non
sempre visibile, infatti, essa si consuma internamente e visceralmente
apportando quelle trasformazioni che s’installano nel nostro quotidiano come se
fossero state lì da sempre. Questo perché, come sottolinea María Zambrano, non
si può intendere la storia se non si concepisce la sua struttura sacrificale.
Non esiste storia di paese, popolo o società che non nasconda dei crimini al
suo interno poiché la storia come sunto di ogni vita individuale, è oscurata da
errori, orrori e mancanze. Questo è rintracciabile sin dall’origine
dell’umanità.
La
storia come ogni vita umana è scandita da azioni, le quali, possono correre il
rischio, una volta attuate, di assumere forma e vita proprie, come se si distanziassero
dal proprio artefice. Tale è il motivo che ha spinto l’essere umano a separare
la facoltà del pensiero da quella dell’azione. Incapace di sopportare il carico
della propria responsabilità nella storia, l’uomo non ha voluto, come ci dice
María Zambrano in Persona e democrazia,
camminare volontariamente sotto il suo peso. Ciò ha generato il grande errore
del cittadino europeo che non ha avuto la capacità e il coraggio di affrontare
il fatto che tutto quello che riguarda l’apparato umano, può avere la
possibilità di attuarsi, non solo come evento unico e raro, ma addirittura di
tornare ciclicamente, nonostante sia stata fatta esperienza degli esiti
catastrofici di taluni avvenimenti. La debolezza del cittadino europeo è stata
proprio quella di non credere nell’assurdo, nella crudeltà e nel diabolico,
seppure la storia gli abbia offerto svariati esempi per ognuno di questi
termini. Per María Zambrano è doveroso invece ammettere l’incredibile, constatare l’assurdo o almeno registrarlo.
In
accordo con la filosofa spagnola possiamo affermare che il tentativo
dell’essere umano è stato, ed è ancora, quello di voler allontanare da sé i
misfatti commessi, cercare di vivere come se non fossero accaduti per mano sua.
Si è imposto di allontanarli non solo dal proprio pensiero o dalle proprie
azioni ma ha tentato, nel corso dei secoli, di reciderli dalla proprio visione
storica, come se, data l’efferatezza di alcune stragi queste non potessero più
ripetersi, come se fossero defunte insieme ai loro artefici. Aver dimenticato
che certi errori accaduti tempo prima potessero ripresentarsi sotto forma e
maschere diverse ha accresciuto nel cittadino europeo una forte tendenza alla
divinizzazione.
La
filosofa spagnola ha potuto sperimentare, suo malgrado, a causa dell’esilio, il
potere che talune persone esercitano sulle masse, nonostante abbiano perso i
propri connotati di umanità e tutto ciò che li rendeva persone prima di essere
personaggi politici. Potere
vuoto certamente, ma che proprio in nome di tale abisso ha saputo riversarsi
sulle sue vittime, causandone la perdita di identità.
L’esilio
è da lei vissuto come un’occasione di riconoscimento del sé, il luogo in cui la
verità personale e la verità storica si toccano e s’incontrano. Il massimo
momento di perdita della propria identità offre la possibilità di cercarla
nuovamente, di ri-conoscerla come per la prima volta. Proprio come l’Antigone
sofoclea, rinarrata dalla Zambrano, nell’atto di dialogare con i fantasmi della
sua storia, quando, una volta lasciata sola nel baratro, può interrogarli
riguardo i suoi errori. Ella è ora nelle condizione di poter subire il
risveglio della coscienza, la quale giaceva sepolta, proprio come Antigone
giace tra vita e morte, nella sua tomba. Allo stesso modo l’esiliato può avere
uno sguardo puro sulle cose, egli non ha nulla dinanzi a sé che non sia se
stesso e per questo è a un tempo distaccato e partecipe riguardo quello che
sente e che prova. Solo così può ripresentarsi a se stesso, riconoscersi nella
sua nuova interezza.
La
tragedia attica ci insegna come, il momento cardine del conflitto, il momento
nel quale si esplica l’assolutezza e il senso tragico, è proprio laddove il
protagonista si riconosce: anagnorosis. Dopo
essersi battuto nella complicanza delle sue vicissitudini e dei suoi patimenti
interiori, il protagonista esce finalmente dallo stato di confusione, tutto è
reso più chiaro, manifesto. La catarsi è finalmente avvenuta, l’essere
umano-protagonista riconosce per la prima volta la sua colpa. Si identifica, si
rapporta e fa conoscenza con tutto ciò che prima vedeva solo come al di fuori
di sé.
È
in quest’ottica che il tempo della solitudine, dell’isolamento per sé, di
quell’otium creativo che si
concretizza nel vuoto è tanto necessario per la filosofa spagnola. L’interiorità
ha bisogno di concedersi un tempo proprio, mettendo da parte la maniera di
trattare gli avvenimenti nella solita sequenza spazio-temporale, abbandonandosi
a un momento di totale astensione, per aprirsi al mondo in maniera nuova.
Entrare nella propria solitudine implica necessariamente una diversa
elaborazione del proprio tempo, bisogna in qualche modo essere pronti a
sacrificarlo, correndo il rischio di “ammazzare” il tempo.
Il
ritrovamento dell’individuo nel suo essere persona comporta l’identificazione
con l’unicità e l’irripetibilità che lo contraddistingue, il richiamo
dell’individuo alla persona rappresenta l’assoluta libertà da parte dell’essere
umano di riscoprire se stesso. Non a caso, infatti, solo la persona ha potere
creativo: tutto ciò che è nuovo è stato pensato, inventato, dal soggetto
personale che ha poi trasmesso questo movimento creativo come qualcosa
dell’intera umanità poiché ogni creazione umana si riflette sull’intera
società.