testata registrata presso Tribunale di Napoli n.70 del 05-11-2013 /
direttore resp. Pietro Rinaldi /
direttore edit. Roberto Landolfi

Se il resto di niente è l’amore


Sono solita seguire gli amichevoli consigli per quanto riguarda le buone letture,cosi anche stavolta sono entrata in libreria,e ne sono uscita con “ Il resto di niente” di Enzo Striano.  Salgo in funicolare e guardo rapita la copertina rossa che l’editore ha scelto: rosso fuoco, passione. ”Bel segno” penso,cosi apro il libro e inizio a leggere. 
Già le prime righe donano la vivida sensazione di imbattersi in un romanzo storico, uno di quei romanzi che di storico ha tutto, anche l’odore delle pagine. Striano scrive di  Eleonora Pimentel Fonseca, o Lenòr,  una ragazzina di agiate origini borghesi, educata e lodata da tutti, colta e con una intelligenza esplosiva, una pupilla della alta società  dell’epoca, per intenderci. Appena arrivata a Napoli, Lenòr è del tutto impreparata alla vocifera, caotica e colorata città, ma ne resta ammaliata, follemente rapita. Proprio qui inizierà a frequentare i saloni letterari di alcuni amici dello zio, tessendo amicizie con i più illustri intellettuali del tempo; ne uscirà  una donna dalle idee chiare ed una grande poetessa, tanto grande  da riuscire ad entrare nella famigerata Accademia dell’Arcadia.
Alla storia personale di Lenòr fa da sfondo una Napoli in piena rivolta giacobina, sostenuta ed animata da fondazioni di gruppi e partiti politici illegali, divulgata attraverso  testate giornalistiche segrete ed incontri clandestini  tra intellettuali e economisti.
Parallelamente al percorso di crescita intellettuale si affianca quello della donna Lenòr: un matrimonio disastroso imposto dal padre, come d’abitudine  dell’epoca, segnato dalla perenne incomunicabilità tra marito e moglie; la paura di non essere né una buona madre, né una buona donna di casa, le difficoltà nell’affrontare scelte di vita in netto contrasto con tutto.
Striano però riesce in una cosa mai successa prima: con una scrittura semplice, limpida e storicamente valida,  entra nell’universo femminile, lo studia, lo analizza, lo denuda, lo mostra apertamente:  Lenòr è un personaggio particolare, molto vicino a ciò che una donna del nostro secolo dovrebbe essere.
Debole e fragile per il matrimonio infelice, reso ancora più triste dalla morte del figlio piccolo, estenuata dalla costante  perdita di punti di riferimento, di amor proprio, dei suoi ruoli, della sua femminilità, Lenòr entra in depressione. Ciò che segna la contessa è la sconfortante  perdita di quell’amore che solo una donna può provare per un figlio, quell’amore viscerale, intriso di  bel possessivismo che solo le madri sanno provare. Nonostante la sua triste situazione, che neanche la passione per un uomo in età matura guarirà, Lenòr non perde il suo spirito rivoluzionario, non spegne i suoi ardori politici, e non perde  mai la propria dignità, nè in carcere, ne sul patibolo dove sale con in mano “il resto di niente”.
Nella figura della contessa  ritroviamo quello che caratterizza anche le donne della società moderna: l’emancipazione, l’essere madre, moglie, figlia, dirigente, impiegata, poi cuoca e nonna e zia; si è aspirato a tutto ciò e lo si è raggiunto, eppure,   non si è sempre attanagliate nello stomaco da quella  sensazione di inadeguatezza? di vuoto? dalla voglia di mollare tutto, di lasciar la vita scorrere così come viene, senza speranze né progetti?
Ma, così come per la protagonista, anche per le donne d’oggi  esiste  il rovescio della medaglia: l’Amore risolve ogni cosa...”Love All Serve All”.
Ecco: sono la Dignità e l’Amore, con i quali  Lenòr affronta il suo ultimo viaggio,  che non bisogna dimenticare, anche se tra i  pugni stretti vive solo  il resto di niente.


Simona Bonetti