Uno scritto inedito di
Lucia. Appunti sparsi risalenti all’anno 2006. Forse li avrebbe rivisti e
pubblicati su “Adateoriafemminista”. Questo non lo sappiamo e non lo potremo
sapere. (NdR)
Pause
Le pause mettono sempre
a fuoco il pericolo della perdita della comunità di appartenenza e ancor di più
la sua vicinanza. Questo rischio mi fa sentire straniera, pur avendo giudizi e
pareri nel merito di quanto accade, il pericolo di ritirarsi come le tartarughe
nel proprio guscio non può che essere un rimedio momentaneo al bisogno pubblico
di una collettività. Il nutrimento di questa collettività oggi si mostra
insufficiente. È necessario migliorarlo.
È giusto oggi non avere
un investimento troppo grande nelle relazioni che la collettività crea. La
ricerca dell’obbligo misura l’investimento, non esemplifica il conflitto, non
lo rende inglobante di qualsiasi tensione. La domanda che pongo a me, a voi, è
quale urgenza ci guida, quale necessità ci muove verso l’incontro che da parola
al mio pensiero. Molto spesso non ci diamo spiegazione per quello che
quotidianamente facciamo. Le cose che facciamo sono parte di un tessuto sociale
che ce le fa fare.
Oggi non basta essere
donne che fanno esperienza di conoscenza insieme. Trovo che le donne debbano
smettere (anche se spesso non se ne rendono conto) di parlare di argomenti dopo
che siano stati discussi, consumati, interpretati da tanti. Da chiunque abbia
avuto qualcosa da dire. Così è accaduto per il terrorismo, le guerre, le crisi
internazionali. La ragione di ciò non è
da ricercare nella capacità delle donne, ma nel fatto che ognuna è sottoposta a
molte sollecitazioni.
L’incertezza si
caratterizza nell’aspettare quale sarà il prossimo passo da fare, quale
proposta ci affascinerà. Questa è distrazione, ci sono troppe distrazioni.
Spesso non è nemmeno la sostanza del lavoro ad interessarci o la continuità
logica, ma frammenti di possibili progetti, effetti speciali, proprio come
quando si guarda un film. In molti casi il pensiero procede in maniera
superficialmente deduttiva, troppo conseguente alla propria esperienza, troppo
imitativa. La conoscenza unidimensionale ci porta fuori strada.
Ad esempio la relazione
e la libertà femminile sono percorsi che è necessario perseguire
contemporaneamente con pazienza. Il lavoro per uno solo dei due progetti non
riuscirà. Per me conoscenza e libertà femminile significano oggi comprendere :
come rendere la mia vita pubblica più forte senza screditare la conoscenza
della mia vita interiore; come rivolgermi all’esterno non a causa del mio impoverimento
interiore; come non abbracciare gli eventi esterni solo perché così posseggo almeno un po’ di vita collettiva.
Ci confrontiamo con le
forme di democrazia esistenti, proposte sempre più prepotentemente come unico
modello possibile, da attraversare inesorabilmente come male inferiore ad altri
(totalitarismi); la libertà di scegliere se stessi, di scegliere i propri
valori fino a che punto deve cedere di fronte ad obblighi sociali collettivi;
fino a che punto siamo in grado di fare resistenza, teorica e politica, alle risposte che su questo punto si
sviluppano, risposte sempre più travestite da apparente benessere. Fino a che
punto può spingersi la voce critica di donne nei confronti di un sistema di
accettazione che propone come modello unico di riferimento quello capitalistico
di mercato. Modello dalle tendenze autoritarie che attraversa partiti politici che
fingono di difendere la libertà, ma in realtà, in maniera strisciante, tendono
essenzialmente a strappare consenso. Vite in cui la libertà è percepibile solo
in forma astratta e limitata.
Lucia
Mastrodomenico (2006)