Ti presenti, ci parli
del tuo lavoro. So che sei anche psicologo, molto impegnato nel volontariato,
ma vorrei sapere di più del tuo essere “infermiere”
Innazitutto, devo dirti che mi piace il senso che porta la
parola “mestiere”. Hai fatto bene ad usarla e veicola senza dubbio le cose che
in questa chiacchierata tenterò di portare alla tua attenzione. Io sono un
Infermiere! Cioè, sono anche un infermiere perché, come tutti, sono
essenzialmente una complessità di etichette!! Questo significa che sono una
persona che, tra le altre tante cose della sua vita, ha scelto, ha deciso di
dedicarsi in modo particolare all’Assistenza di altre persone. Vedi, assistere un’altra persona che si trova
in una condizione di bisogno, una condizione che supera le sue possibilità di
risposta è una cosa molto particolare. E’ un “mestiere”, insomma, che ti pone
in una dimensione relazionale particolare rispetto a quella persona. Pensa,
pochi altri lavori arrivano a superare la soglia prossemica della sfera intima
di contatto come quella dell’infermiere, cosa questa che richiede una ferrea
etica professionale. L’Assistenza è una
competenza peculiare del mio lavoro, non appartiene al medico, allo psicologo,
al fisioterapista ne ad altre professioni della Sanità. Io ho cominciato ad
occuparmi di assistenza alla fine degli anni 80. Ho avuto esperienza di
assistenza ospedaliera per i primi 5 anni e poi sono passato all’assistenza
territoriale all’interno delle attività del Centro di Salute Mentale di Ischia.
Per oltre 16 anni ho lavorato con il disagio psichiatrico, area nella quale la
funzione educativa e di relazione dell’infermiere è davvero esaltata al
massimo. Da poco più di tre anni mi interesso invece di gestione e organizzazione
delle Professioni Sanitarie e Sociali del Distretto di Ischia e Procida…. Ruolo
che ha ribaltato completamente il focus della mission del mio lavoro…. Potrei
dirti che oggi mi trovo ad “assistere” i miei colleghi, mettendo al servizio
dell’organizzazione quanto ho maturato negli anni di esperienza con l’utenza.
Quindi una nuova sfida e ti assicuro che non è meno impegnativa e faticosa
delle precedenti!!
Ci racconti qualcosa che
ritieni significativo accaduto nella tua esperienza lavorativa di infermiere.
Esperienza che dici essere così
importante, per l’assistenza alle
persone, che è il vero fine dei servizi sanitari, in particolar modo pubblici?
Si! E’ una cosa accaduta ormai più di venti anni fa…. Ma che
ha significato tantissimo nella mia evoluzione professionale, tanto da farmi
amplificare il valore della morale e della “partecipazione emotiva” nel mio
lavoro. Nell’esperienza all’Ospedale S.Paolo di Milano, come infermiere di
chirurgia oncologica, durante un turno di notte, sono stato scelto come
interlocutore privilegiato, perché tale si è se una persona ti affida il
racconto della sua vita, da una donna di circa 45 anni che la mattina
successiva avrebbe subito una mastectomia per un carcinoma. La donna era molto
angosciata e, nel cuore della notte, dopo che avevo finito le mie principali
attività, passammo circa due ore seduti uno accanto all’altra. Parlò
tantissimo, dapprima timidamente e poi man mano come un fiume. Compresi che il
suo bisogno lì non era solo quello sanitario stretto e secco ma c’era qualcosa
d’altro che come infermiere potevo fare ed essere per lei. Non la dimenticherò
mai.
Quali sono le
prospettive professionali che ti attendono, che attendono chi fa il mestiere
dell’infermiere ?
Le prospettive che attendono personalmente me nella
professione infermieristica non sono tantissime. Rivesto già una posizione e un
ruolo elevato nella “gerarchia” della mia professione e a dirti il vero…..
spero solo di mantenerla. Piuttosto ti posso dire quelle che intravedo quali
prospettive della professione infermieristica più in generale! In futuro avremo
un numero molto ridotto di infermieri per unità operativa, servizio o reparto
che sia. Questo perché la professione si è enormemente evoluta dal punto di
vista delle conoscenze e della ricerca. Oggi un infermiere è il professionista
unico dell’Assistenza e in un reparto del futuro coordinerà e gestirà il lavoro
di nuove figure che operano nel diretto contatto con l’utenza: potremmo
intravedere un gruppo di 5 o 6 infermieri che ad esempio gestisce il lavoro di
15 0 20 Operatori Socio Sanitari (OSS). Gli OSS sono i nuovi operatori
dell’assistenza sanitaria e sostituiscono i vecchi ausiliari sanitari. Inoltre
la stessa Sanità potrebbe in futuro organizzarsi sull’Assistenza piuttosto che
sulle patologie. Ad esempio, immagina un ospedale dove le persone accedono e
sono suddivise a secondo dei loro bisogni assistenziali. Avremo ad esempio un
piano terra con Pronto Soccorso /Accettazione e la degenza intensiva. Al primo
piano tutti i casi di media gravità e al secondo piano i casi di lieve gravità.
In questi blocchi gli infermieri e gli OSS operano su bisogni assistenziali
simili come intensità e gravità e quindi anche in un rapporto
operatore/paziente differenziato a seconda del blocco o piano. Gli specialisti
medici e chirurghi portano la loro consulenza e competenza alle diverse persone
nei diversi piani. Ad esempio l’Urologo visita il paziente con blocco renale al
piano terra, quello con i calcoli al primo e quello con la cistite al secondo.
Pensa che in Italia esiste già un ospedale di questo tipo.
Molti dicono che il
ruolo dell’infermiere è centrale nell’assistenza sanitaria. Perché è così
importante?
La professione infermieristica, come ti dicevo, è
professione di Assistenza e non di altro! In effetti è dell’infermiere la competenza, e
oggi anche la responsabilità giuridica, della pianificazione della esecuzione e
della verifica di tutte le tecniche di assistenza ad una persona. Come un
paziente va mobilitato, come deve essere alimentato, come si somministrano
tutte le terapie, come si prepara una persona a tutte le indagini diagnostiche,
e tantissime altre attività di assistenza sono di competenza infermieristica. Immagini
adesso come sarebbe la sanità senza questa figura? In effetti l’infermiere è il
professionista di tutto ciò che concretamente si fa con il paziente. Queste
operatività si basano sulla competenza di altre professioni, come quella medica
che al contrario è l’unica che può fare una diagnosi di patologia e prescrivere
una terapia.
Esistono da anni i
medici di base, detti anche medici di famiglia; perché non esiste ancora la
figura dell’infermiere di famiglia ?
Io immagino che si arriverà ad una sorta di infermiere di
base; per ora non ci sono queste figure professionali; è solo una questione economica e giuridica…
che certo non è poco!!
Esiste una differenza di
genere nell’ambito della professione infermieristica, del mestiere d’infermiere
?
Una delle cose che più di altre, nella formazione classica,
ci siamo sentiti dire è: L’infermiere non ha sesso!! E’ ovvio che ciò non è
vero. Sicuramente, la nostra professione nasce “totipotente” e questa è una
ricchezza che spero non perderemo. Cosa intendo? un infermiere, dopo il percorso di studi è
pronto ad assistere le persone in tutti i campi possibili, da tutte le
specialità medico-chirurgiche a tutte le realtà territoriali della sanità. Al
momento non esiste l’ultra-specializzazione come accade in altre discipline
sanitarie. Allo stesso modo non ci sono infermieri maschi o femmine particolarmente indicati in una specialità. Forse l’unica
eccezione è la sala parto e il nido dove gli infermieri maschi sono una rarità.
Per il resto direi che…. “L’Infermiere non ha sesso”.
A
cura di Rocco Maria Landolfi