I recenti tragici
avvenimenti di Parigi, oltre a procurarci
sdegno e orrore verso la violenza terroristica, dovrebbero anche farci
riflettere sul come sia difficile l’integrazione tra culture diverse e come
spesso le tensioni laceranti portino al dramma. Il problema, anche se oggi ha raggiunto
proporzioni enormi e allarmanti a causa degli spostamenti in Europa, quasi
migrazioni, da parte di uomini e donne
di altri continenti che fuggono la fame, le persecuzioni, la guerra, è sempre
esistito. Lo testimonia questa poesia di Giuseppe Ungaretti tratta
dalla raccolta “L’Allegria “
Si
chiamava
Moammed
Sceab
Discendente
di
emiri di nomadi
suicida
perché
non aveva più
Patria
Amò
la Francia
e
mutò nome
Fu
Marcel
ma
non era Francese
e
non sapeva più
vivere
nella
tenda dei suoi
dove
si ascolta la cantilena
del
Corano
gustando
un caffè
E
non sapeva
sciogliere
il
canto
del
suo abbandono
L’ho
accompagnato
insieme
alla padrona dell’albergo
dove
abitavamo
a
Parigi
dal
numero 5 della rue des Carmes
appassito
vicolo in discesa
Riposa
nel
camposanto d’Ivry
sobborgo
che pare
sempre
in
una giornata
di
una
decomposta
fiera
E
forse io solo
so
ancora
che
visse
Giuseppe Ungaretti ( L’allegria )
Ungaretti, figlio di
Italiani emigrati, nacque nel 1888 ad Alessandria d’Egitto e lì visse fino al
1912, quando si trasferì a Parigi. Durante gli anni di scuola presso l’Ecole
Suisse Jacot, una delle più rinomate d’Alessandria, si legò di amicizia con
Moammed Sceab. Il giovane arabo si era trasferito anch’egli a Parigi, abitando
nella stessa pensione dell’ amico in rue des Carmes , dove si uccise il 9
settembre 1913.
Marinella
Gargiulo