Come raccontare la vita di un
uomo non illustre, la cui esistenza è stata tutta una lotta per emanciparsi dal
letame della fattoria in cui lavorava da
ragazzo fino a raggiungere lo status di piccolo commerciante in un paesino
della provincia normanna, che è il proprio padre, per elaborare il lutto per la
sua morte e, soprattutto, esorcizzare la
colpa di non aver saputo superare << questa distanza che si è creata
durante l’adolescenza tra lui e me. Una distanza di classe, ma particolare, che
non ha nome. Come dell’amore separato>>?
Annie Ernaux la figlia di
quell’uomo, che ha studiato ed è diventata una professoressa, all’inizio ha provato a scrivere un romanzo,
accorgendosi ben presto che è un’operazione artificiosa perché per descrivere
<< una vita sottomessa alla necessità non ho il diritto di prendere il
partito dell’arte >>. Allora sceglie di utilizzare una scrittura piatta,
anodina,che, per nascondere i sentimenti
sottesi alla narrazione, finge di
descrivere con obiettivo realismo le vicende della vita di un uomo semplice per
appartenenza sociale ed educazione, ma eroico nella lotta incessante del vivere
quotidiano. Nello scegliere, però,<< la scrittura piatta >> che le
viene naturale perché è << la stessa che usavo un tempo scrivendo ai miei
per dare le notizie essenziali >> la scrittrice fa ammenda del tradimento
operato nei loro confronti quando ha
ritenuto che il linguaggio e i modi cortesi dei borghesi, rispetto a quelli
rozzi dei genitori, manifestassero una maggiore gentilezza d’animo. <<Per
molto tempo la cortesia tra genitori e figli è stata per me un mistero. Ci ho
messo anni anche a “comprendere” l’estrema gentilezza che persone ben educate
manifestano nel loro semplice buongiorno. Me ne vergognavo, non meritavo tanti
riguardi, giungevo persino a immaginare
una qualche particolare forma di simpatia nei miei confronti. Poi mi sono
accorta che quelle domande poste con un’ aria tanto interessata, quei sorrisi,
non avevano un senso diverso da quello di mangiare con la bocca chiusa o
soffiarsi il naso con discrezione.>> L’intento catartico del libro è
chiaramente esplicitato dall’ esergo tratto da Jean Genet: <<Azzardo una
spiegazione: scrivere è l’ultima risorsa quando abbiamo tradito>> e
successivamente confermato nell’ambito del testo << Mi sono piegata al
volere del mondo in cui vivo, un mondo che si sforza di far dimenticare i
ricordi di quello che sta più in basso come se fosse qualcosa di cattivo gusto
>>. Anche il titolo “Il posto” (
la collocazione sociale ) allude al travaglio dell’autrice che si sente scissa
tra due mondi e che solo dopo la morte del padre e la scrittura del libro
riuscirà a operare la sintesi tra le sue origini e il mondo borghese di cui fa
parte: << Ho finito di riportare alla luce l’eredità che, quando sono
dovuta entrare nel mondo borghese e colto,avevo dovuto posare sulla
soglia>>. Lo stile scabro,essenziale, senza nessun sentimentalismo, riesce a descrivere pienamente una vita che si snoda tra la fine
dell’Ottocento e il 1967, e, come sasso buttato in un lago, che traccia larghe
onde concentriche, smuove nell’animo del lettore echi insospettati. Bisogna, poi, notare come questo romanzo breve (poco più di cento
pagine) offra anche un interessante spaccato dal punto di vista storico e
sociologico della vita nella profonda provincia francese nei primi decenni del
Novecento : << I bambini avevano sempre i vermi. Per scacciarli si cuciva
una borsettina piena d’aglio all’interno della camicia, vicino all’ombelico.
D’inverno del cotone nelle orecchie. Quando leggo Proust o Mauriac, non credo
che rievochino il tempo in cui mio padre era bambino. L’ambiente della sua
infanzia è il Medioevo.>> << Mungeva le vacche alle cinque del
mattino, svuotava le scuderie, strigliava i cavalli, mungeva le vacche la sera
… Dormiva sopra la stalla, su un pagliericcio senza lenzuola>>…
<<Sarebbe facile scrivere cose del genere. L’eterno ritorno delle
stagioni, le gioie semplici, il silenzio dei campi. Mio padre lavorava la terra
altrui, non ha visto la bellezza, lo splendore della Madre Terra e altri miti
gli sono sfuggiti >>. Infine corre l’obbligo di ringraziare L’Orma
editore per aver pubblicato finalmente in italiano nel febbraio 2014 questo
piccolo capolavoro, che in Francia ha visto la luce nel 1983, e ci ha fatto
conoscere una grande scrittrice. Il ritardo nella pubblicazione di quest’opera
testimonia come la grande editoria italiana non abbia mai incentivato la
letteratura al femminile; caso eclatante è stato quello de L’arte
della gioia di Goliarda Sapienza,
uno dei più bei romanzi del Novecento,
pubblicato in Italia postumo, dopo il grande successo ottenuto in
Francia.
Marinella Gargiulo