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ANNIE ERNAUX, Il Posto, L’orma editore, Roma,2014, pp. 114


Come raccontare la vita di un uomo non illustre, la cui  esistenza  è stata tutta una lotta per emanciparsi dal letame  della fattoria in cui lavorava da ragazzo fino a raggiungere lo status di piccolo commerciante in un paesino della provincia normanna, che è il proprio padre, per elaborare il lutto per la sua morte e, soprattutto,  esorcizzare la colpa di non aver saputo  superare   << questa distanza che si è creata durante l’adolescenza tra lui e me. Una distanza di classe, ma particolare, che non ha nome. Come dell’amore separato>>?  Annie Ernaux  la figlia di quell’uomo, che ha studiato ed è diventata una professoressa,  all’inizio ha provato a scrivere un romanzo, accorgendosi ben presto che è un’operazione artificiosa perché per descrivere << una vita sottomessa alla necessità non ho il diritto di prendere il partito dell’arte >>. Allora sceglie di utilizzare una scrittura piatta, anodina,che,  per nascondere  i sentimenti  sottesi alla narrazione,  finge di descrivere con obiettivo realismo le vicende della vita di un uomo semplice per appartenenza sociale ed educazione, ma eroico nella lotta incessante del vivere quotidiano. Nello scegliere, però,<< la scrittura piatta >> che le viene naturale perché è << la stessa che usavo un tempo scrivendo ai miei per dare le notizie essenziali >> la scrittrice fa ammenda del tradimento operato nei loro confronti  quando ha ritenuto che il linguaggio e i modi cortesi dei borghesi, rispetto a quelli rozzi dei genitori, manifestassero una maggiore gentilezza d’animo. <<Per molto tempo la cortesia tra genitori e figli è stata per me un mistero. Ci ho messo anni anche a “comprendere” l’estrema gentilezza che persone ben educate manifestano nel loro semplice buongiorno. Me ne vergognavo, non meritavo tanti riguardi, giungevo persino  a immaginare una qualche particolare forma di simpatia nei miei confronti. Poi mi sono accorta che quelle domande poste con un’ aria tanto interessata, quei sorrisi, non avevano un senso diverso da quello di mangiare con la bocca chiusa o soffiarsi il naso con discrezione.>> L’intento catartico del libro è chiaramente esplicitato dall’ esergo tratto da Jean Genet: <<Azzardo una spiegazione: scrivere è l’ultima risorsa quando abbiamo tradito>> e successivamente confermato nell’ambito del testo << Mi sono piegata al volere del mondo in cui vivo, un mondo che si sforza di far dimenticare i ricordi di quello che sta più in basso come se fosse qualcosa di cattivo gusto >>. Anche il titolo  “Il posto” ( la collocazione sociale ) allude al travaglio dell’autrice che si sente scissa tra due mondi e che solo dopo la morte del padre e la scrittura del libro riuscirà a operare la sintesi tra le sue origini e il mondo borghese di cui fa parte: << Ho finito di riportare alla luce l’eredità che, quando sono dovuta entrare nel mondo borghese e colto,avevo dovuto posare sulla soglia>>. Lo stile scabro,essenziale, senza nessun sentimentalismo,  riesce a descrivere pienamente  una vita che si snoda tra la fine dell’Ottocento e il 1967, e, come sasso buttato in un lago, che traccia larghe onde concentriche, smuove nell’animo del lettore echi insospettati.   Bisogna, poi, notare come  questo romanzo breve (poco più di cento pagine) offra anche un interessante spaccato dal punto di vista storico e sociologico della vita nella profonda provincia francese nei primi decenni del Novecento : << I bambini avevano sempre i vermi. Per scacciarli si cuciva una borsettina piena d’aglio all’interno della camicia, vicino all’ombelico. D’inverno del cotone nelle orecchie. Quando leggo Proust o Mauriac, non credo che rievochino il tempo in cui mio padre era bambino. L’ambiente della sua infanzia è il Medioevo.>> << Mungeva le vacche alle cinque del mattino, svuotava le scuderie, strigliava i cavalli, mungeva le vacche la sera … Dormiva sopra la stalla, su un pagliericcio senza lenzuola>>… <<Sarebbe facile scrivere cose del genere. L’eterno ritorno delle stagioni, le gioie semplici, il silenzio dei campi. Mio padre lavorava la terra altrui, non ha visto la bellezza, lo splendore della Madre Terra e altri miti gli sono sfuggiti >>. Infine corre l’obbligo di ringraziare L’Orma editore per aver pubblicato finalmente in italiano nel febbraio 2014 questo piccolo capolavoro, che in Francia ha visto la luce nel 1983, e ci ha fatto conoscere una grande scrittrice. Il ritardo nella pubblicazione di quest’opera testimonia come la grande editoria italiana non abbia mai incentivato la letteratura al femminile; caso eclatante è stato quello de  L’arte della gioia di Goliarda  Sapienza, uno dei più bei romanzi del Novecento,  pubblicato in Italia postumo, dopo il grande successo ottenuto in Francia.

Marinella Gargiulo