Non c’è dubbio che la forma
organizzativa burocratica ha perso, nel corso della sua storia, le
caratteristiche positive che l’hanno contraddistinta al suo nascere, fine ‘800,
e durante il suo sviluppo, per buona parte del ‘900. La forma di potere che la caratterizzava, quello legale, assicurava due qualità che ora
stentiamo a riconoscere al suo interno: la razionalità rispetto allo scopo e il
carattere universalistico della sua azione. Troppo spesso, come sottolineato
nei precedenti contributi sul tema pubblicati sul sito madrigaleperLucia.org, le amministrazioni burocratiche perdono di
vista le loro effettive finalità, la stessa equità che dovrebbe
contraddistinguerle, e la necessaria chiarezza e semplicità delle procedure
attivate. Ma la burocrazia al suo nascere, proprio seguendo Weber, non era solo
gerarchia e processi standardizzati,
bensì anche preparazione specializzata degli impiegati e funzionari che vi
lavoravano, trasparenza e legittimità dei concorsi pubblici banditi, dedizione
all’ufficio e attività a tempo pieno degli addetti. Per quello che è stata, la
burocrazia la si può considerare come una forma organizzativa tecnicamente
superiore. Gli apparati amministrativi che l’hanno preceduta, infatti, erano
caratterizzati da logiche tradizionalistiche, patrimoniali o patriarcali, che
li connotavano, nel loro agire, in termini di empiria e arbitrio. Non bisogna
poi dimenticare che, sia l’avvento della democrazia di massa, che lo sviluppo
del capitalismo, nella sua versione industrialistica, hanno beneficiato della
efficiente ed efficace organizzazione burocratica, fatta di divisione del
lavoro, specializzazione, razionalità assoluta e legittimazione dei processi
economici e sociali coinvolti.
Fin qui i meriti storici, che non
cancellano certo le ambivalenze della burocrazia. Il suo tecnicismo spesso fine
a se stesso, il promuovere, in certi casi, l’idea di una “democrazia passiva”,
e soprattutto essere espressione di una razionalità secondo gli scopi che, al
di la del risultato dell’efficienza, ha trascurato i valori traducendo, di fatto, i fattori di superiorità intrinseci
del modello in minaccia alla società civile e conflitti tipici del tormentato
rapporto tra forma burocratica e politica nel corso del novecento. Come detto
le organizzazioni burocratiche per loro natura invertono spesso la relazione
mezzi/fini, concentrandosi sui primi, si espongono, per la loro frantumazione
funzionale, alle possibili distorsioni
dell’ambiente esterno e quasi sempre sono basate, dal punto di vista
della produttività, su comportamenti organizzativi minimi, dovendo per le loro
procedure contare più sulle medie virtù dei dipendenti che su schemi lavorativi
centrati sull’idea di performance organizzativa. Sono queste le cosiddette
conseguenze inattese delle burocrazie, fatte di incapacità addestrata, ritualismo burocratico, spirito di corpo e soprattutto, il
nocciolo del problema odierno, di contrastanti
aspettative tra apparato burocratico e la platea di utenti o clienti ad
esse collegate.
Quello che ci consola, in parte,
è che questa forma meccanica di
burocrazia è inevitabilmente al declino storico. Già a metà novecento le forme
burocratiche organiche hanno
cominciato a sostituire quelle meccaniche. Le competenze dei soggetti hanno
sostituito i principi di disciplina, gli obiettivi individuali e organizzativi
soppiantato le regole o procedure nelle attività. Infine alla chiusura rispetto
all’ambiente esterno, tipica delle burocrazie meccaniche, è subentrata una maggiore
apertura e sensibilità ai mercati, agli utenti, agli stakeholders interni o
esterni di varia natura, protagonisti delle nuove configurazioni organizzative
organiche. È un processo irreversibile che ci porterà nell’era
post-burocratica, con nuovi e più adeguati tipi di organizzazione, tra le quali
già prevalgono le nuove organizzazioni
professionali, basate sui soggetti più che sulle tecnologie, sulle loro
professionalità codificate, e operanti in ambienti complessi e dinamici.
Moderne organizzazione capaci di rispondere alla domanda crescente di
personalizzazione dei servizi e prodotti che abitualmente utilizziamo e
consumiamo al giorno d’oggi.
Antonio D’Antonio