D. Vi presentate ?
R. Antonio D’Antonio: Laureato in Sociologia, ho lavorato in due realtà diverse Aziendale prima e Universitaria successivamente. Dal punto di vista tecnico, la mia attività si è espletata dapprima in una gerarchia, fino al 1995, dopo in una organizzazione professionale, dal 1998 in poi. Da questa data collaboro con il Dipartimento di Sociologia della Facoltà di Sociologia dell’Università degli Studi di Napoli (ora Dipartimento di Scienze Sociali) per quanto concerne la programmazione e organizzazione di corsi e master sul management sanitario. Negli stessi anni ho collaborato con il prof. Aldo Piperno alle attività della Cattedra di Sociologia dell’organizzazione. Attualmente collaboro con Enti pubblici e privati in qualità di esperto di organizzazione.
R. Beatrice Fiore: Dottore di Ricerca in Sociologia e Ricerca Sociale. Dal 1998 collaboro alla progettazione e al coordinamento dei Master di primo e secondo livello in Management dei Servizi Sanitari e Socio-Sanitari, presso il Dipartimento di Scienze Sociali dell’Università degli Studi di Napoli “Federico II”, sono anche docente dei suddetti Master. Dal 2007 sono Professore a contratto presso il Dipartimento di Medicina Sperimentale della Seconda Università degli Studi di Napoli. Mi occupo da anni di tematiche di Sociologia dell’organizzazione e ho svolto ricerche sul tema della Cultura, Clima e Performance nelle organizzazioni sanitarie.
D. Ci raccontate alcuni episodi, alcune riflessioni, a partire dalle esperienze professionali da voi svolte negli ultimi anni?
R. Antonio D’Antonio
L’esperienza della didattica, come professore a contratto, è stata per me molto importante, lo studio professionale orientato ai programmi di studio, il contatto con gli studenti. Anche se per i molteplici impegni organizzativi (master), docenze e attività seminariali è stato forse carente il versante delle pubblicazioni. Non ho fatto il mestiere di Sociologo in senso stretto, salvo riversare nelle attività, di volta in volta, espletate alcune capacità prospettiche e competenze specifiche che gli studi sociologici per propria natura formano. Nel mio vecchio lavoro, prima nel nucleo operativo e successivamente nel servizio programmazione e risorse era particolarmente complesso convincere i Direttori di servizio, che la formulazione di una procedura di lavoro non può esimersi dal chiamare in causa chi lo compie. Nel mio attuale lavoro è stato necessario adattarmi, positivamente, alle caratteristiche organizzative delle Università, un misto di apparati burocratici e professionalità disciplinari che spesso convivono con difficoltà.
R. Beatrice Fiore
Insieme alle attività universitarie, dal 1998 e fino al 2012, ho collaborato con l’Associazione ONLUS “Figli in Famiglia” coordinando il progetto “Tutoraggio” della VI Municipalità del Comune di Napoli. Progetto realizzato con i fondi della L. 285/97 prima, e della L. 328/2000 poi, con la finalità di evitare l’allontanamento dei minori dal loro nucleo familiare e dal territorio di appartenenza. Gli obiettivi venivano raggiunti con la realizzazione di progetti individuali e interventi educativi quotidiani rivolti al sostegno della genitorialità, presso il domicilio delle famiglie e nel loro contesto territoriale.
Esperienza di vita e professionale bellissima e insieme difficile e complessa, svolta con il mio gruppo di lavoro (10 tutor esperti tra educatori e assistenti sociali) in collaborazione con i servizi sociali dei quartieri di Barra, San Giovanni a Teduccio e Ponticelli, con passione e motivazioni al di là di ogni comprensione umana. Per anni senza il supporto delle istituzioni centrali e territoriali - fatta salva la collaborazione intelligente e scrupolosa di alcune figure professionali istituzionali, ma solo perché affidata alla loro buona volontà ed etica professionale - e senza compensi, ancora oggi mancano quelli dall’anno 2010.
D. Quali prospettive di lavoro avete, quanto incide l’instabilità sul vostro lavoro, e quali, nonostante tutto, le maggiori soddisfazioni che ne derivano?
R. La realtà attuale nella quale lavoriamo è caratterizzata dalla instabilità, non si è mai sicuri di quello che succederà l’anno successivo perché il nostro contratto è legato alle attività che riusciamo a costruire e mantenere. Ma di converso vi è anche la soddisfazione di creare ogni anno accademico un gruppo di discenti sui quali riversiamo la nostra esperienza formativa e organizzativa. Con il nostro gruppo di lavoro cerchiamo di migliorare la didattica dei master, progettarne di nuovi, legare didattica con le pubblicazioni ed è, a questo proposito, in corso la prima edizione dei Quaderni del master una collana editoriale che si prefigge di affrontare, approfondendole, singole tematiche inerenti il management sociosanitario.
D. Da anni siete impegnati nell’organizzazione e nella didattica di master post universitari? Quale a vostro avviso l’utilità dei Master ? Perché un giovane (o meno giovane) laureato dovrebbe iscriversi ad un master post universitario in management socio sanitario?
R. Sono, in teoria una occasione unica per rimettere insieme risorse formative che la pratica medica e degli operatori sanitari di settore ha spesso ridotto per ovvi motivi lavorativi. Sulla qualità della loro organizzazione molto dipende dal contesto che li governa. Dobbiamo dire che il nostro è, senza false modestie, di buon livello (ottimi docenti, dalle più svariate competenze ed esperienze, un discreto controllo sul percorso della didattica e dell’apprendimento dei discenti, assistenza tutoriale efficiente, tirocini fatti sul serio, supporto ottimale da parte del Dipartimento di Scienze Sociali e degli uffici di Ateneo, etc.). Ci sono anche i limiti che riguardano secondo noi tutte le iniziative formative: principalmente una quota di discenti che segue (con difficoltà) il percorso formativo perché solo interessato al titolo finale. Anche qui conta molto, nel risvegliare un interesse reale di questi discenti, il contributo e la capacità della struttura operativa a monte dei master di creare un contatto positivo e facilitare la relazione tra discenti e docenti e, attraverso l’esperienza del tirocinio, tra discenti e aziende ospitanti come ASL, Aziende Ospedaliere, Servizi Sociali, altri servizi dei Comuni, Enti del terzo settore, Aziende private, etc. Proprio l’esperienza del tirocinio e il lavoro di tesi finale (quest’ultimo spesso frutto di un lavoro sul campo relativo al tirocinio) in alcuni casi, sono stati determinanti per dare una svolta significativa alla propria posizione lavorativa, soprattutto in riferimento ai discenti che non avevano un contratto di lavoro. Di seguito riportiamo, nella tabella e nel grafico, alcuni dati sul placement degli iscritti ai nostri Master dall’A.A. 2005-2006 all’A.A. 2012/2013, relativi al cambiamento della propria posizione lavorativa una volta conseguito il titolo di Master.
Fonte: elaborazione su nostri dati
Dai dati si evince che il titolo di Master è stato utile per cambiare la propria posizione lavorativa per il 33% del totale dei nostri iscritti (dall’A.A. 2006/2007 all’A.A. 2012/2013). Un dato interessante è quello relativo al 54,5% dei discenti che non lavoravano (in questo caso neolaureati) e che hanno avuto la possibilità di avere un contratto di lavoro, anche se a termine o una borsa di studio, spesso nelle realtà in cui hanno svolto il tirocinio. Ma anche per coloro che già svolgevano un lavoro (la maggioranza dei nostri iscritti) il titolo è stato utile per cambiare la propria posizione lavorativa, in particolare per il 45,5% dei liberi professionisti; per il 40% dei non dirigenti delle amministrazioni pubbliche che ha utilizzato il titolo per l’avanzamento di carriera, infine per il 18,4% dei dirigenti che ha cambiato servizio o gli è stato affidato il coordinamento di un progetto.
D. I detrattori del “mestiere di sociologo”, hanno apportato nel tempo una dura critica affermando che il sociologo “sistematizza l’ovvio”. E’ vero, a vostro avviso, o si tratta della solita maldicenza frutto della competizione tra professionisti di branche diverse ?
R. Il rischio c’è, non lo nascondiamo, ma non l’abbiamo riscontrato nella nostra esperienza perché, grazie al nostro “mestiere di sociologi” e per la formazione di base che abbiamo ricevuto, siamo sempre alla ricerca di approfondimenti e di prospettive nuove, cercando di rilevare ed interpretare le esigenze formative che cambiano nel tempo, e questo grazie ad un contesto (Direttore del Dipartimento, Coordinatori dei Master, Consiglio Scientifico dei Master, Docenti ed esperti esterni) sempre motivato a realizzare processi formativi reali.
Intervista a cura di Rocco Maria Landolfi
R. Antonio D’Antonio: Laureato in Sociologia, ho lavorato in due realtà diverse Aziendale prima e Universitaria successivamente. Dal punto di vista tecnico, la mia attività si è espletata dapprima in una gerarchia, fino al 1995, dopo in una organizzazione professionale, dal 1998 in poi. Da questa data collaboro con il Dipartimento di Sociologia della Facoltà di Sociologia dell’Università degli Studi di Napoli (ora Dipartimento di Scienze Sociali) per quanto concerne la programmazione e organizzazione di corsi e master sul management sanitario. Negli stessi anni ho collaborato con il prof. Aldo Piperno alle attività della Cattedra di Sociologia dell’organizzazione. Attualmente collaboro con Enti pubblici e privati in qualità di esperto di organizzazione.
R. Beatrice Fiore: Dottore di Ricerca in Sociologia e Ricerca Sociale. Dal 1998 collaboro alla progettazione e al coordinamento dei Master di primo e secondo livello in Management dei Servizi Sanitari e Socio-Sanitari, presso il Dipartimento di Scienze Sociali dell’Università degli Studi di Napoli “Federico II”, sono anche docente dei suddetti Master. Dal 2007 sono Professore a contratto presso il Dipartimento di Medicina Sperimentale della Seconda Università degli Studi di Napoli. Mi occupo da anni di tematiche di Sociologia dell’organizzazione e ho svolto ricerche sul tema della Cultura, Clima e Performance nelle organizzazioni sanitarie.
D. Ci raccontate alcuni episodi, alcune riflessioni, a partire dalle esperienze professionali da voi svolte negli ultimi anni?
R. Antonio D’Antonio
L’esperienza della didattica, come professore a contratto, è stata per me molto importante, lo studio professionale orientato ai programmi di studio, il contatto con gli studenti. Anche se per i molteplici impegni organizzativi (master), docenze e attività seminariali è stato forse carente il versante delle pubblicazioni. Non ho fatto il mestiere di Sociologo in senso stretto, salvo riversare nelle attività, di volta in volta, espletate alcune capacità prospettiche e competenze specifiche che gli studi sociologici per propria natura formano. Nel mio vecchio lavoro, prima nel nucleo operativo e successivamente nel servizio programmazione e risorse era particolarmente complesso convincere i Direttori di servizio, che la formulazione di una procedura di lavoro non può esimersi dal chiamare in causa chi lo compie. Nel mio attuale lavoro è stato necessario adattarmi, positivamente, alle caratteristiche organizzative delle Università, un misto di apparati burocratici e professionalità disciplinari che spesso convivono con difficoltà.
R. Beatrice Fiore
Insieme alle attività universitarie, dal 1998 e fino al 2012, ho collaborato con l’Associazione ONLUS “Figli in Famiglia” coordinando il progetto “Tutoraggio” della VI Municipalità del Comune di Napoli. Progetto realizzato con i fondi della L. 285/97 prima, e della L. 328/2000 poi, con la finalità di evitare l’allontanamento dei minori dal loro nucleo familiare e dal territorio di appartenenza. Gli obiettivi venivano raggiunti con la realizzazione di progetti individuali e interventi educativi quotidiani rivolti al sostegno della genitorialità, presso il domicilio delle famiglie e nel loro contesto territoriale.
Esperienza di vita e professionale bellissima e insieme difficile e complessa, svolta con il mio gruppo di lavoro (10 tutor esperti tra educatori e assistenti sociali) in collaborazione con i servizi sociali dei quartieri di Barra, San Giovanni a Teduccio e Ponticelli, con passione e motivazioni al di là di ogni comprensione umana. Per anni senza il supporto delle istituzioni centrali e territoriali - fatta salva la collaborazione intelligente e scrupolosa di alcune figure professionali istituzionali, ma solo perché affidata alla loro buona volontà ed etica professionale - e senza compensi, ancora oggi mancano quelli dall’anno 2010.
D. Quali prospettive di lavoro avete, quanto incide l’instabilità sul vostro lavoro, e quali, nonostante tutto, le maggiori soddisfazioni che ne derivano?
R. La realtà attuale nella quale lavoriamo è caratterizzata dalla instabilità, non si è mai sicuri di quello che succederà l’anno successivo perché il nostro contratto è legato alle attività che riusciamo a costruire e mantenere. Ma di converso vi è anche la soddisfazione di creare ogni anno accademico un gruppo di discenti sui quali riversiamo la nostra esperienza formativa e organizzativa. Con il nostro gruppo di lavoro cerchiamo di migliorare la didattica dei master, progettarne di nuovi, legare didattica con le pubblicazioni ed è, a questo proposito, in corso la prima edizione dei Quaderni del master una collana editoriale che si prefigge di affrontare, approfondendole, singole tematiche inerenti il management sociosanitario.
D. Da anni siete impegnati nell’organizzazione e nella didattica di master post universitari? Quale a vostro avviso l’utilità dei Master ? Perché un giovane (o meno giovane) laureato dovrebbe iscriversi ad un master post universitario in management socio sanitario?
R. Sono, in teoria una occasione unica per rimettere insieme risorse formative che la pratica medica e degli operatori sanitari di settore ha spesso ridotto per ovvi motivi lavorativi. Sulla qualità della loro organizzazione molto dipende dal contesto che li governa. Dobbiamo dire che il nostro è, senza false modestie, di buon livello (ottimi docenti, dalle più svariate competenze ed esperienze, un discreto controllo sul percorso della didattica e dell’apprendimento dei discenti, assistenza tutoriale efficiente, tirocini fatti sul serio, supporto ottimale da parte del Dipartimento di Scienze Sociali e degli uffici di Ateneo, etc.). Ci sono anche i limiti che riguardano secondo noi tutte le iniziative formative: principalmente una quota di discenti che segue (con difficoltà) il percorso formativo perché solo interessato al titolo finale. Anche qui conta molto, nel risvegliare un interesse reale di questi discenti, il contributo e la capacità della struttura operativa a monte dei master di creare un contatto positivo e facilitare la relazione tra discenti e docenti e, attraverso l’esperienza del tirocinio, tra discenti e aziende ospitanti come ASL, Aziende Ospedaliere, Servizi Sociali, altri servizi dei Comuni, Enti del terzo settore, Aziende private, etc. Proprio l’esperienza del tirocinio e il lavoro di tesi finale (quest’ultimo spesso frutto di un lavoro sul campo relativo al tirocinio) in alcuni casi, sono stati determinanti per dare una svolta significativa alla propria posizione lavorativa, soprattutto in riferimento ai discenti che non avevano un contratto di lavoro. Di seguito riportiamo, nella tabella e nel grafico, alcuni dati sul placement degli iscritti ai nostri Master dall’A.A. 2005-2006 all’A.A. 2012/2013, relativi al cambiamento della propria posizione lavorativa una volta conseguito il titolo di Master.
Fonte: elaborazione su nostri dati
Dai dati si evince che il titolo di Master è stato utile per cambiare la propria posizione lavorativa per il 33% del totale dei nostri iscritti (dall’A.A. 2006/2007 all’A.A. 2012/2013). Un dato interessante è quello relativo al 54,5% dei discenti che non lavoravano (in questo caso neolaureati) e che hanno avuto la possibilità di avere un contratto di lavoro, anche se a termine o una borsa di studio, spesso nelle realtà in cui hanno svolto il tirocinio. Ma anche per coloro che già svolgevano un lavoro (la maggioranza dei nostri iscritti) il titolo è stato utile per cambiare la propria posizione lavorativa, in particolare per il 45,5% dei liberi professionisti; per il 40% dei non dirigenti delle amministrazioni pubbliche che ha utilizzato il titolo per l’avanzamento di carriera, infine per il 18,4% dei dirigenti che ha cambiato servizio o gli è stato affidato il coordinamento di un progetto.
D. I detrattori del “mestiere di sociologo”, hanno apportato nel tempo una dura critica affermando che il sociologo “sistematizza l’ovvio”. E’ vero, a vostro avviso, o si tratta della solita maldicenza frutto della competizione tra professionisti di branche diverse ?
R. Il rischio c’è, non lo nascondiamo, ma non l’abbiamo riscontrato nella nostra esperienza perché, grazie al nostro “mestiere di sociologi” e per la formazione di base che abbiamo ricevuto, siamo sempre alla ricerca di approfondimenti e di prospettive nuove, cercando di rilevare ed interpretare le esigenze formative che cambiano nel tempo, e questo grazie ad un contesto (Direttore del Dipartimento, Coordinatori dei Master, Consiglio Scientifico dei Master, Docenti ed esperti esterni) sempre motivato a realizzare processi formativi reali.
Intervista a cura di Rocco Maria Landolfi