La burocrazia nel nostro tempo si
esercita principalmente nella Pubblica Amministrazione (PA) : Comuni, Regioni
ASL, Tribunali, Forze armate, Ministeri, sistema pensionistico (INPS, INAIL), Scuola, Università etc. e nelle società partecipate (ANAS, CONI, RAI,
Agenzia delle Entrate, Consip, EAV, SOGEI, Zecca dello Stato, Istituto Luce,
Italia Lavoro, Studiare Sviluppo, etc. etc. etc. all’infinito). Produce più
danni, per i cittadini, della politica e
dell’economia. Non solo quando si chiede alla PA, ma anche quando si dà. Ad esempio il sistema dei pagamenti verso la
PA è complesso, farraginoso, deve essere interpretato da esperti che siano in
grado di decodificare il linguaggio, la modulistica, le complicatissime prassi
amministrative tipiche di una burocrazia che si esercita a danno dei cittadini.
Si giunge al paradosso che, per pagare le tasse allo Stato, a causa della
complessità dei modelli (F23, F24 etc.), occorre rivolgersi ad un
commercialista. In altre parole, la
burocrazia quotidianamente miete vittime tra gli inermi cittadini
italiani che, ormai assuefatti, non se
ne rendono più conto, tranne quando
vadano a vivere in altri Paesi europei
(Francia, Svizzera, Germania, UK etc.) e tornando in patria impazziscano per
capire come pagare le tasse o avviare
un’impresa. La burocrazia nella pubblica amministrazione dovrebbe garantire a
tutti i cittadini un equo accesso ai
servizi ed una uguale erogazione degli
stessi; dovrebbe dare risposte
appropriate alle varie istanze che riceve, garantendo controlli efficaci nei confronti di chi
lavora in nome e per conto della PA. Di
fatto invece si è creato un nuovo
linguaggio incomprensibile ai più (burocratese), fatto per complicare il lavoro e non per
facilitarlo; norme complesse, inaccessibili alla maggioranza dei cittadini,
molte delle quali, di fatto inapplicate, consentono al burocrate l’esercizio di
un potere ingiustificato ed ingiustificabile. I tanti livelli di controllo
formale ed inefficace riescono a sortire molto spesso come unico risultato lo
scoraggiamento delle persone; non servono certo a bloccare la corruzione, altro
male endemico; l’iter burocratico di
un’ istanza, di una pratica resta spesso
oscuro (pensiamo alla gestione dei
ticket sanitari, all’avvio di un’impresa, all’iscrizione a scuola etc.). È
paradossale che si possa conoscere, in tempo reale, lo stato di avanzamento
geografico del viaggio di un bene dalla Cina all’Italia, e non riuscire a
sapere quando una pratica passi da una scrivania ad un’altra dello stesso
ufficio.
Siamo in una fase politica di
cambiamento nella quale chi gestisce la cosa pubblica vuole ridar fiato
all’economia, ridare fiducia nelle
istituzioni, innovare. In questo contesto però lo spazio finora dato alla lotta
alla burocrazia è davvero marginale. L’attuale Governo può abolire le province ma non le regioni,
può rottamare i politici ma non i direttori generali; può licenziare i senatori
ma non i capi degli uscieri. Gli stessi
dirigenti di vertice sono disponibili a cedere sullo stipendio ma non
sul loro potere, sul ruolo che esercitano, di feroce ostacolo alla vera
semplificazione.
Eppure il termine “burocrazia”
definito, in maniera sistematica, da Max
Weber indica il “potere degli uffici” o per meglio dire “una forma di esercizio di potere che si
struttura intorno a regole e procedimenti immodificabili dall’individuo che
esercita temporaneamente una funzione”. Quindi la burocrazia dovrebbe
coincidere con l’organizzazione delle persone e delle risorse destinate alla realizzazione
di un fine collettivo secondo criteri di razionalità e imparzialità. Ma, nell’Italia di oggi, è divenuta sinonimo di astrusità, cavillosità,
impossibilità a fare.
Questo il motivo per cui abbiamo
deciso di pubblicare un editoriale sulla burocrazia ed, a seguire, una serie di
esempi su come essa complica la vita di tutti.
La
Redazione (a cura di RML)