testata registrata presso Tribunale di Napoli n.70 del 05-11-2013 /
direttore resp. Pietro Rinaldi /
direttore edit. Roberto Landolfi

Ancora sui Roma tra Napoli e Calarasi


Le motivazioni per cui i Roma partono sono uguali a quelle degli altri migranti. Si parte per il lavoro, per scappare dalla povertà. Sono migrazioni che spesso creano problemi sociali spiacevoli quali la prostituzione, la droga, la delinquenza. Questi sono problemi di vasta portata su cui l’Europa si deve esprimere, deve programmare politiche adeguate a problemi che non si possono  risolvere a livello locale. Dal punto di vista politico, la migrazione di piccole comunità, con una loro etnicità e cultura,  ha creato un vero problema di capacità di gestione politica prima a livello nazionale e poi  locale. Non si tratta solo di gestire flussi d’ingresso di singoli migranti fra nazioni. I  Roma comunitari dovrebbero godere a pieno titolo della libera circolazione garantita a tutti i cittadini Europei. Spesso facciamo riferimenti ai  Rom in modo generico;  invece è un problema specifico che richiede un’attenzione diversa. La presenza di militanti Rom, o  associazioni che li  rappresentano è piuttosto recente, ma di grande importanza. La questione Rom ha sempre sofferto per  mancanza di rappresentanza e di capacità di mettersi attorno ad un tavolo per discutere. I singoli governi europei hanno maggiori o minori difficoltà a  riconoscere le comunità Rom come composte da  cittadini europei. L’incapacità di dare dignità alle cultura, alla lingua, alle tradizioni dei Rom appartiene a tutti i paesi europei. I Rom sono vissuti come zingari, nomadi di passaggio a cui non è concesso mettere radici.
L’evidenza di un modello di migrazione inter-europea, del tutto particolare, come quello fra Napoli e Călărași, ci pone di fronte alle nostre responsabilità di comunità europea. Ci troviamo di fronte a bambini che vivono in Romania ma parlano e scrivono l’Italiano che hanno imparato nelle scuole italiane. Parlano il rumeno ma non sono scolarizzati in Romania. In più nella loro famiglia parlano la loro lingua Roma. Tanti sono nati in Italia, alcuni a Napoli ed a Napoli  hanno vissuto buona parte della loro infanzia. I nonni vivono in Romania, tengono aperte case graziose e colorate, costruite da loro e dai loro figli con materiale povero, ma con grande creatività e arte povera. Sono insediamenti in piccoli borghi di tipo rurale, anch’essi chiamati “campi”, non ben serviti dal comune locale, ma accettati. A Napoli, le stesse famiglie vivono in campi lager, il più delle volte non riconosciuti dai comuni ove risiedono, senza i servizi più vitali quali acqua o elettricità, in stato di estrema povertà e ad alto rischio per la salute. Gli sgomberi sono all’ordine del giorno e sono pochissimi quelli che riescono a sistemarsi in civili abitazioni. In molti campi in provincia di Napoli si riscontra che molti Rom hanno l’iscrizione o la possibilità di godere dei servizi sanitari, ma vi accedono poco e male. La scolarizzazione rimane bassa e discontinua come anche le vaccinazioni per i minori. La salute degli adulti è estremamente precaria e l’aspettativa di vita in paragone ai cittadini italiani, molto bassa. La mortalità infantile fra i bambini Rom in Italia è ancora molto alta. La mancanza di assistenza a fasce deboli presenti nelle piccole comunità Rom, quali anziani malati o disabili, è sempre un problema. In una Europa dei diritti umani non ci si può più celare dietro ad un generico “non hanno diritto” in quanto non cittadini. I modelli di insediamento osservati nelle due città “gemellate” sono similari. Si “riconosce” l’appartenenza Roma, il tenersi insieme di una comunità. Ma perché questa migrazione Napoli- Călărași?  Girando per queste piccole comunità Rom, a Călărași, in una giornata di sole, fra casette colorate ed addobbate con arte di latta, piante in fiore, tendine ricamate alle finestre, bambini e nonni per i viali con nomi fantasiosi quali “via del violinista”, mi sono chiesta perché vengono nei campi lager di Napoli? La risposta è venuta dai loro racconti. Come avveniva per i nostri migranti,  dai paesini spersi del profondo Sud, in tempi di grande povertà, si parte proprio per uscire dalla povertà. Si va dove sembra possibile guadagnare, anche a costo di grandi sacrifici, anche tirando a campare in maniera precaria, per poi  riportare tutto alle radici, dove ti  è concesso avere una casa che ti sei costruito tu. Il sogno di tutti i migranti. La condizione a Napoli, pur drammatica, gode di maggiore ricchezza materiale, possibilità di fare soldi, in confronto alla depressione economica del piccolo comune di Călărași. La presenza del mercato nero del lavoro, le attività, anche illegali, troppo spesso tollerate nel contesto napoletano, un giro di soldi  comunque maggiore, diventano  attraenti per persone in grave stato di povertà. Come a Napoli, anche a Călărași, i Rom sono trattati ai margini. Il sindaco di Călărași commenta: “che posso farci se il ferro di scarto in Romania è finito?...” Molti Rumeni si preoccupano che i Roma possano essere la causa di pregiudizi che anche loro subiscono  a causa di assimilazione fra le  due culture. Si innesca, in egual misura, un rifiuto a riconoscere la cultura Roma vissuta come degradata e povera. I diritti da sostenere prioritariamente sono quelli dell’infanzia. Occorre lavorare sulla trasformazione di pregiudizi e stereotipi; si deve lavorare per  conoscere più a fondo il fenomeno. Il cambiamento del linguaggio usato, per i Rom,  è un atto politico. I  problemi sociali non esistono da soli ma vengono creati come viene creata l'immagine sociale che ci portiamo dentro e che attribuiamo agli altri.

Christina Harrison      “in migranti”                aggiornato al 27 gennaio 2014