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Migranti e tutela della salute.



Il 20 dicembre 2012 venne sancito l’ accordo tra il Governo, le Regioni  e  le  Province  autonome, poi  pubblicato sulla G.U.  n.32 del 7/2/2013 Supplemento ordinario n.9. L’oggetto dell’accordo consiste nelle “indicazioni per la corretta applicazione della normativa per l’assistenza alla popolazione straniera da parte della regione e delle Provincie Autonome” L’accordo è stato predisposto dal gruppo tecnico interregionale “Immigrati e Servizi sanitari” composto da tecnici degli assessorati alla salute delle Regioni,  rappresentanti del Ministero della Salute e da esperti – INMP e SIMM. L’accordo si può considerare la conclusione di un percorso avviato da oltre 4 anni sia con ricerche specifiche, come quella coordinata dalla Regione Marche e quella dell’Area sanitaria della Caritas di Roma, sia all’interno del Tavolo interregionale “Immigrati e servizi sanitari” presso la Commissione salute della Conferenza delle Regioni e P.A. (documento approvato nel settembre 2011). È importante aver presente  che non si tratta di una nuova legge,  ma di linee guida che  indicano  piuttosto  un nuovo  livello interpretativo delle norme esistenti in materia di diritto alla salute e popolazione immigrata. Infatti talune norme sono già applicate da alcune Regioni mentre altre sono rimaste inevase nella maggioranza delle situazioni.  Va ricordato che le Regioni  sono gli enti di programmazione a cui spetta la competenza legislativa in termini di tutela della salute, mentre le Aziende Sanitarie Locali (AASSLL)  sono poi gli attuatori. Rimane  compito dello Stato  quello di garantire principi quali  l’equità e la correttezza nell’attuazione dei  diritti sanciti dalla Costituzione. Spetta allo Stato  un ruolo di garante della realizzazione di risposte efficaci ai bisogni di salute di tutti i gruppi di popolazione, particolarmente di quelli vulnerabili, attraverso un costante confronto con le Regioni. E’ proprio questo l’aspetto importante dell’accordo.  È stata data una linea di lettura univoca per riordinare ed uniformare la miriade di provvedimenti diversi adottati  dalle varie Regioni e dalle stesse AA.SS.LL.  in un tentativo di applicare norme spesso contrastanti per indirizzo e fine. Quando si va ad applicare una norma ci si imbatte in problemi non facili da far combaciare, quali il diritto delle persone, la  sicurezza delle comunità, le  risorse spesso scarse o mal gestite, il peso della burocrazia e le complesse procedure degli enti pubblici. Un punto di forza dell’accordo del 20 dicembre 2012 è proprio  il richiamo al principio dell’equità fra le persone, sempre ed in qualunque caso, quale primo parametro per  applicare la normativa. Sappiamo che l’accesso alle cure è diversificato in base allo status amministrativo del migrante, ovvero se è regolarmente presente sul territorio Italiano, vuoi per lavoro studio o altro. Regolarmente presente significa che ha varcato le frontiere ottenendo visti e permessi di soggiorno per motivi riconosciuti dallo stato italiano. Ancora diverso è lo stato dei comunitari, persone che hanno libertà di circolazione fra i confini degli stati dell’Unione Europea, ma per i quali, al momento della scelta di permanere sul suolo italiano, si presentano una serie di cavilli normativi per l’accesso alle cure ed altri diritti di cittadinanza. Il contenuto dell’accordo ha avuto anche un iter particolare. Fortemente  voluto da alcune Regioni ove esistono punti di eccellenza nel settore delle buone pratiche, quali la Regione Marche, ma anche sostenuto da organismi e movimenti impegnati nel settore.  Dall’inizio dell’anno  2013  si sono moltiplicate le iniziative per l’applicazione in tutta Italia dell’Accordo Stato – Regioni sull’assistenza agli immigrati. Sono oltre 270 i gruppi, associazioni, enti che hanno aderito all’appello di OISG-SIMM-ASGI
Quali sono i punti salienti dell’accordo?
L’accordo prevede l’iscrizione obbligatoria al SSN dei minori stranieri, anche in assenza del permesso di soggiorno dei genitori.  Inoltre indica il prolungamento del permesso di soggiorno fino al compimento del primo anno del bambino alle donne extracomunitarie in stato di gravidanza, già contemplato dalla normativa, ma il più delle volte non applicato. Finora al compimento del sesto mese dopo il parto le donne e il bambino venivano espulse dall’Italia. Il Ministero della Salute nel recente riparto dei fondi destinati ai cosiddetti obiettivi di piano ha previsto una cifra vincolata di 30 milioni di euro per la tutela della salute degli stranieri extracomunitari privi di permesso di soggiorno. L’ex  Ministro Balduzzi a questo proposito dichiarava: “Si tratta di iniziative che concretizzano l’art. 32 della Costituzione, perché nessuno sia escluso dai percorsi assistenziali in un’ottica di equità e di giustizia”.
Dieci sono i punti critici su cui si concentra l’attenzione e la verifica dello stato di applicazione della normativa nelle Regioni  Italiane:
1.     iscrizione obbligatoria al Servizio Sanitario Nazionale (SSN) dei minori stranieri anche in assenza del permesso di soggiorno.
2.     iscrizione obbligatoria al SSN dei regolarizzandi.
3.     iscrizione obbligatoria al SSN anche in fase di rilascio (attesa) del primo permesso di soggiorno.
4.     iscrizione volontaria al SSR per gli over 65enni con tariffe attuali.
5.     garanzia agli STP (Stranieri temporaneamente presenti) delle cure essenziali atte ad assicurare il ciclo terapeutico e riabilitativo completo alla possibile risoluzione dell’evento morboso, compresi anche eventuali trapianti.
6.     rilascio preventivo del codice STP per facilitare l’accesso alle cure.
7.     definizione del codice di esenzione X01 per gli STP.
8.     iscrizione obbligatoria di genitore comunitario di minori italiani.
9.     iscrizione volontaria per i comunitari residenti.
10.  equiparazione dei livelli assistenziali ed organizzativi del codice STP al codice ENI (europei indigenti).
Spetta ora alle AAASSLL, agli operatori, agli organismi e movimenti del settore rimboccarsi le maniche e “pensare” nuovi modelli, buone pratiche che attuino il diritto alla salute dei migranti. Uno dei punti su cui è necessario impegnarsi è  la tutela della salute del bambino e della madre.  In linea di principio siamo “tutti” d’accordo che un bambino va tutelato ma occorre trovare la modalità, con le risorse che ci sono, per erogare servizi territoriali  a basso costo, spesso bloccati da cavilli burocratici e preconcetti duri a cambiare nelle istituzioni e non solo.  Molte volte è un problema culturale se e quando domina la paura delle “contaminazioni”. Occorre lavorare per ripensare il “vivere collettivo” non come una giungla con  poche risorse, ma come un’opportunità  nella quale potenziare le relazioni umane e la ricchezza che queste portano agli individui ed alle comunità.
Christina Harrison           15 ottobre 2013 (pubblicato nella sezione "Migranti")