La seconda
presentazione del libro di Lucia Mastrodomenico Solo l’amore salva organizzata
dall’associazione “Madrigale per Lucia” in collaborazione con Stefania
Tarantino, si è svolta a gennaio presso la fondazione Premio Napoli ed ha avuto
a tema la “mediazione femminile nella pratica politica”. La questione della
mediazione femminile, della politica delle donne risulta decisiva – ha
sottolineato il presidente della Fondazione Gabriele Frasca - in un momento di
crisi economica e simbolica profondissima che vede le donne in una posizione
difficile, strette tra la difficoltà a restare attive nel mondo del lavoro e
l’aumento della violenza maschile contro di loro.
A introdurre il
tema del rapporto di Lucia con la mediazione femminile è stata Anna Nappo,
curatrice insieme a Cinzia Mastrodomenico e a Patrizia Melluso del volume,
sottolineando come Lucia non abbia mai pensato ad un luogo per pensare solo per
sé, ma sempre per sé e per le altre. Quello di Lucia era un pensiero connesso
alla vita concreta che si realizzava in progetti nella sua città, in tutto
Lucia «metteva il due», provocava conflitti che sapeva attraversare senza
paura, nella consapevolezza che attraverso il conflitto si può arrivare ad
altro, ad un inesplorato. Questo inesplorato era al centro della
sperimentazione della rivista “Madrigale” che Lucia definiva in un editoriale
del 1989 come «un luogo in cui, incessantemente la pratica che ci lega si
mostra e nel quale si indaga la possibilità (…) di una teoria politica e di un
sistema normativo che disciplini anche l’inevitabile insorgenza di conflitti
senza che essi si trasformino inesorabilmente in occasioni di distruzione e di
negazione» (Solo l’amore salva, p.
9).
La parola è
passata poi a me e Stefania Tarantino, donne di un’altra generazione, a
testimonianza di come il pensiero di Lucia sia vivo ancora oggi, non da ultimo
nella pratica e nella teoria del collettivo di “adateoriafemminista” – rivista
fondata da Lucia insieme ad Angela Putino - di cui io e Stefania facciamo
parte. Sulla mediazione femminile Stefania ha aperto con me un dialogo, una
conversazione improvvisata sulla base di un canovaccio comune, per provare a
far emergere da un pensiero in relazione (inteso à la Weil, come partita di tennis) l’impensato e l’imprevisto della
differenza sessuale. Se anche per la filosofia nella sua tradizione socratica
il pensiero non è mai uno - siamo sempre in relazione con noi stessi - la
differenza fa fare un passaggio ulteriore, in direzione di una «duplicità di
coscienza» (Carla Lonzi), l’altro/a mi pone qui in una dimensione di estraneità
rispetto a me. E’ questa duplicità di coscienza che fa «rivoltare il mondo come
un guanto» - dice Stefania citando Anna Santoro, La nave delle cicale operose - e permette di attivare e avverare
desideri. In questo senso il pensiero della differenza non è in pace con il
pensiero strutturato (filosofico, scientifico, politico) ma è un pensiero
guerriero, non di parte, ma universale, per tutti e tutte. Il conflitto
femminile rappresenta la condizione indispensabile della mediazione, non si
tratta del conflitto inteso in senso tradizionale, ma di un conflitto sempre
unito alla danza (qui Stefania ha in mente la tradizione orientale mediata da
Weil e Putino), non come forma di prevaricazione, ma come circoscrizione di uno
spazio vuoto, né mio né tuo, il luogo dell’incontro, privo di appartenenze. Si
tratta di opporre alla concezione proprietaria della persona in Occidente, allo
spirito di prevaricazione legato all’essere proprietari (Esposito),
l’impersonale della politica. Io sono intervenuta sul tema di un conflitto che
non porti alla distruzione ma apra ad una mediazione ricordando la «funzione
guerriera» di Angela Putino (tema su cui aveva lavorato inizialmente insieme a
Lina Mangiacapre), la sua «arte del polemizzare tra donne» come possibilità
stessa della relazione, grado di estraneità che permette a entrambe di esistere
dentro la relazione. Vicine al proprio desiderio, ma anche alla propria ferita
si trova il coraggio di stare dentro al combattimento, senza nascondimenti,
aprendo ad un puro e libero «riconoscimento».
Ma cosa ne è
oggi della mediazione femminile e delle altre pratiche del femminismo? Cosa ne
è della libertà femminile in epoca neoliberista? Come si insegna la politica
della relazione? Come si «insegna l’ininsegnabile»? Per Stefania la questione è
il rischio di diventare superflue nell’apparente presenza, come si fa ad
esserci senza rinunciare alla differenza, come si fa a dare al pensiero il
ritmo della bellezza, del pathos, a collegare corporeità e bisogno di
trascendenza? Da tempo ormai il problema sembra non essere più l’esclusione
delle donne ma la loro inclusione in un sistema maschile. Lucia affronta in
modo frontale la questione, organizzando a Napoli nel 2003 un incontro tra
femminismo della parità e femminismo della differenza. Nello scritto
introduttivo “Libertà nell’emancipazione”, ricorda che «le donne non devono
esserci sempre e comunque, e non devono pensare che esserci cambi le sorti
degli esseri umani, non è automatico, non sempre le circostanze lo consentono,
non sempre quelle donne, in quel luogo, sono in grado di usare la giusta
mediazione» (Solo l’amore salva, p.
40-41). La giusta mediazione è, per Lucia, quella che tiene conto della
relazione, quella che non sfugge al conflitto, all’imprevisto che questo mette
in gioco. A Lucia interessa la relazione contro l’astrazione dell’in quanto donna, «la relazione prende il
posto dell’astrazione della rappresentanza». La corporeità - alla base della
relazione non solo con l’altra, ma con il mondo – può costituire ancora oggi
una vera e propria bussola per non smarrirsi in un’epoca di smaterializzazione
dei rapporti e per rimettere al centro la vita nella sua materialità. La
mediazione femminile, la politica delle relazioni e dei corpi offre oggi a
tutte e tutti punti di avvistamento imprescindibili sul reale e deve misurarsi
con la sua efficacia nel mondo. «Prima c’era fusionalità, identificazione,
innamoramento … la differenza oggi mi sembra enorme, penso si possa dire tra me
e una donna c’è il mondo, rispetto al prima tra me e il mondo c’è una donna»,
dice Lucia in un’intervista a Conni Capobianco (Interpreti e protagoniste del movimento femminista napoletano
1970-1990, Napoli 1994, p. 97).
Tristana Dini 28.6.13 (pubblicato nella
sezione “Teoria”)