Se smarrissi la memoria
ed improvvisamente, mentre vado al lavoro ( lavoro in una struttura sanitaria
di Scampia) non riuscissi a raccapezzarmi in che giorno dell’anno mi trovi,
basterebbe imboccare la strada a ridosso delle famigerate Vele per ricordarmi
immediatamente che giorno è. All’angolo di questa strada c’è un signore di non
ben identificabile età che, a seconda delle ricorrenze dell’anno, apre un
ombrellone, ai cui bordi appende calze della Befana, piuttosto che uova di
Pasqua o ramoscelli di mimosa, od ancora grossi cuori di peluche sintetico che
ci ricordano il giorno degli innamorati.
Certo vi è una gradazione di intensità nell’addobbo dell’ombrellone a
seconda delle ricorrenze; a Natale infatti l’ombrellone viene messo in tiro con
tutte le lucette a led che lampeggiano
impazzite, attorniato da alberi di natale di ogni altezza e colore ( è qui che
in tempi non sospetti ho visto qualche anno fa
il primo albero di Natale di un lilla nostalgico…), giocattoli all’ultimo
grido rigorosamente made in china (“pezzotti”, diciamo a Napoli!), e quest’anno
persino una vera slitta con tanto di Babbo Natale era dappresso con il cartello
scritto a mano libera ed incerta: “fittasi”.
Il signore
dell’ombrellone riserva lo stesso riguardo sia che la ricorrenza sia religiosa
che laica o puramente consumistica. Non manca il doveroso tributo calcistico
alla squadra del cuore, il Napoli ovviamente. Il calendario sportivo viene
rispettato con altissimo rigore e fervore, nessun aspetto, dalla tecnica alle
vicende personali dei beniamini del pallone, viene trascurato, nella buona e
nella cattiva sorte, come solo questo popolo così peculiare sa fare. Sventolano
magliette, sciarpe, cappellini, per tutte le età, bambini compresi per i quali troneggia,
sotto l’ombrellone, un asinello di plastica azzurro con le rotelle.
Nella stagione estiva
accanto alle sdraio di plastica colorata, ai gonfiabili di ogni forma e
fantasia, viene proposta anche una sorta di ristoro per compratori e non; infatti un carrettino con
la barra di ghiaccio ed una serie di sciroppi
multicolor, sotto una ghirlanda di limoni di plastica, offre per circa 1
euro una bella granita rinfrescante.
E così, mentre passo
tornandomene a casa dopo la mia giornata di lavoro, guardo se c’è l’ombrellone,
e vederlo mi conforta perché lo leggo come il segno di quell’arte di
arrangiarsi così connaturata al popolo napoletano, senza perdere mai quel
tratto di dignità che in ogni modo il contesto, le difficoltà cercano di
avvilire, quasi una testimonianza di speranza che anche in questo luogo così vilipeso non tutto sia
perduto.
Maria Vittoria Montemurro 2
aprile 2013 (pubblicato nella sezione “moda”)