Le seguenti
rappresentano il tentativo di sintetizzare in poche righe circa mezzo secolo di
studi sulla c.d. responsabilità sociale d’impresa.
Gli albori
(anni ’50-’60). L’impresa (o meglio, l’imprenditore) ha obblighi sociali
che vanno oltre la semplice funzione di produzione e distribuzione di beni e
servizi. Il focus sull’output e l’impresa è socialmente responsabile se, con
atti volontari, riduce gli
effetti delle esternalità negative. L’impresa punta ad essere socialmente accettabile
garantendo, con atteggiamento meramente passivo, il rispetto delle norme legali
e morali (Bowen 1953, Davis 1960, Frederick 1960, McGuire 1963, Walton 1967).
L’approfondimento (anni ’70-’80). L’impresa ha un ruolo nella
società che la porta a generare, nella sua comunità di riferimento, attese di
risposte che vanno oltre gli obblighi legali; il processo manageriale deve
tener conto di tali attese e predisporre risposte adeguate. Il comportamento
può essere graduato, in differenti livelli di responsabilità, da social
responsibility a social
responsiveness (Johnson 1971, CED 1971, Davis 1973, Preston-Post 1975,
Ackerman-Bauer 1976, Carrol 1979, Frederick 1994).
L’elaborazione (anni ’80-’90). L’impresa ha il compito di coordinare la realizzazione delle attese
dei vari portatori di interessi (stakeholder theory) con delle scelte
basate su valori etici che siano guidate da appositi strumenti gestionali e di
controllo formalizzati. La strategia
sociale è posta in essere non per un timore di espulsione dal sistema-ambiente
ma per un effettivo interesse al benessere della società. Si passa dalla corporate social responsiveness alla corporate social rectitude.
(Freeman 1979, Carrol 1979, Frederick 1986, Epstein 1987). In questo filone di
studi si sviluppa il concetto di Corporate Social Perfomance(CSR) . Se
la CSR è tradotta in strategie sociali, o strategie che tengono conto delle
attese dei vari stakeholder, essa sarà composta da obiettivi, azioni e risultati.
(Carrol 1979, Jones 1980, Wartick e Cochram 1985, Wood 1991).
L’interiorizzazione (post anni ’90). L’attuazione di
strategie sociali consentirebbe uno sviluppo – e una performance – sostenibile
nel lungo periodo (Elkington 1997, Edvinsson 1997, Willard 2002, Luetkenhorst
2004). Esiste una relazione positiva tra
CSR e performance (Molteni 2004); infatti, la distribuzione del valore in
maniera socialmente responsabile è da intendersi come un flusso bidirezionale,
in cui l’impresa da e riceve in proporzione a quanto ha investito; la strategia
sociale e, dunque, gli investimenti in CSR e le scelte di distribuzione del
valore creato, va implementata considerando il successo imprenditoriale e il
bene sociale non come un gioco a somma zero. Si passa così dalla
responsabilità alla integrazione sociale
(Porter – Kramer 2006).
L’impresa è uno degli attori della comunità, ne è parte
integrante e come tale deve contribuire in maniera proattiva alla realizzazione
del benessere collettivo. La responsabilità sociale deve sussistere non solo
nella fase della produzione del valore, ma anche in quella della sua
distribuzione.
Un uomo
illuminato, Adriano Olivetti, ben prima che questi studi iniziassero, ha capito
e provato a realizzare quello che tanti studiosi delle teorie d’impresa sono
riusciti ad elaborare solo dopo essersi confrontati per cinquant’anni.