“Mai nati”



Serviva una ricostruzione storica per tentare di dare una spiegazione, sul piano etico, giuridico, medico, psicologico, all’assurdità della legge n. 40 del 19 febbraio 2004 “Norme in materia di procreazione medicalmente assistita”. Occorreva che qualcuno tentasse di spiegare, a ritroso, la permanenza, nell’Italia del 2013, di una legge talmente arretrata da non avere uguali in nessun altro paese del mondo cosiddetto sviluppato. Nel 2004 un vasto movimento d’opinione con a capo la chiesa cattolica riuscì, con la consueta abilità politica e mediatica, a mobilitare,  contro la fecondazione assistita, uno schieramento trasversale di parlamentari e seppe contribuire a boicottare il successivo referendum abrogativo ricordando agli italiani che nei giorni festivi ci si riposa e si va al mare. Una mobilitazione assolutamente insensibile al vissuto delle coppie con problemi d’infertilità, costrette a recarsi all’estero per tentare di trovare un aiuto per realizzare il loro sogno di fecondità,  di avere un figlio che potrà nascere, ma non essere generato, in Italia. L’altra genesi, in Italia negata, è storia che data circa quattro  secoli. Già alla fine del settecento il sacerdote emiliano (ironia della storia) Leonardo Spallanzani riuscì a realizzare in laboratorio fecondazioni artificiali in rane e cani, studi pubblicati in un articolo del 1779 dal titolo “Fecondazione artificiale”. Circa un secolo dopo un medico francese, Luis Giraut, praticò diffusamente una tecnica di fecondazione assistita tesa a porre rimedio a casi di sterilità. Pubblicò i risultati delle sue ricerche e da allora si posero apertamente problematiche mediche, etiche, giuridiche, teologiche. Ottenere il seme attraverso la masturbazione significava sfidare la morale sessuale dell’epoca: ancor più tenuto conto che la fecondazione poteva avvenire in maniera eterologa, con il seme di un donatore, creando notevoli problemi di eredità genetica nonché patrimoniale. Nel 1877, intervenne, con una nota riservata al clero, il Sant’Uffizio, a decretare l’assoluta illiceità della fecondazione assistita. Quando poi,  alla fine del 1800 il fisiologo Paolo Mantegazza pubblicò i suoi studi sulla possibilità del congelamento del seme, potendosi realizzare la fecondazione anche dopo la morte dell’uomo,  la chiesa intervenne pubblicamente, vietando la fecondazione assistita, in quanto contraria al diritto canonico, con un decreto firmato da papa Leone XIII. Negli anni 20 del 1900, dopo il grande trauma della prima guerra mondiale, la fecondazione assistita divenne pratica terapeutica diffusa in  Europa, in Gran Bretagna in particolare, e negli Stati Uniti. Alla fine degli anni 40 la Chiesa Anglicana approvò l’inseminazione artificiale in quanto la pratica della masturbazione non era ritenuta grave se praticata a fini procreativi, riconoscendo, nel ruolo del figlio nato da coppia  sterile, il rafforzamento dell’unità familiare. Al contrario la Chiesa cattolica si pronunciò, con papa Pio XII, contro la fecondazione artificiale in quanto contraria alla legge divina positiva e in quanto puramente e semplicemente immorale. Si deve a Emmanuel Betta una  puntuale ricostruzione storica della fecondazione artificiale. Betta, nel libro “L’altra genesi, storia della fecondazione artificiale” (Carocci – 2012), ci illustra, in maniera comparata, le logiche che, in un percorso lungo più di tre secoli,  sottendono l’approvazione della Legge 40 del 2004, una legge tuttora vigente, che nega un diritto fondamentale alle coppie che non riescono ad avere figli “in modo naturale”, che pone l’Italia tra i paesi in via di sviluppo. Chi sa se il prossimo governo, oltre ad occuparsi di economia e piani di rientro dal debito, avrà il tempo di approvare una nuova legge che cancelli le storture della legge 40. Occorre certamente una forte mobilitazione delle coscienze come avvenne per il divorzio e l’aborto. 

Roberto Landolfi        11  gennaio 2013            (pubblicato nella sezione “infanzia")