La fame non va al mercato




Il 2013 sarà l’anno contro lo spreco alimentare.  Nonostante i costi di produzione dell’industria agricola crescano significativamente con un sempre minore rendita delle produzioni ed un conseguente aumento dei prezzi, il fenomeno dello spreco alimentare nei paesi industrializzati ha assunto dimensioni davvero preoccupanti. In tal senso una risoluzione dell’Europarlamento impegna gli stati membri all’adozione di misure specifiche per prevenire e contenere questo fenomeno. Si disperde lungo la filiera produttiva il 50% circa dei prodotti alimentari che arrivano sulle nostre tavole, senza contare gli avanzi di cibo che finiscono nella pattumiera direttamente dalle nostre case. Ad esempio ogni anno circa 89 milioni di tonnellate di carne, circa 179 kg a persona, è gettato via ancora edibile, diventando rifiuto solido con un impatto ambientale per lo smaltimento davvero notevole in termini di energia ed acqua nonché di anidride carbonica prodotta. Accanto a misure per la prevenzione degli sprechi attraverso mirati interventi educativi nelle scuole di una corretta modalità di conservazione, preparazione dei cibi e riutilizzo dei cosiddetti avanzi, i paesi membri dovrebbero modificare le norme, ad esempio, sugli appalti pubblici della ristorazione, agevolando quelle aziende che utilizzano prodotti locali (abbreviando il più possibile la filiera) e che prevedono la ridistribuzione degli avanzi ancora commestibili a banche alimentare o ad associazioni benefiche.
Ma se le popolazioni industrializzate hanno questo problema nel resto del mondo cosiddetto “ in via di sviluppo” si combatte contro la fame. Le popolazioni dei paesi disagiati spendono fino all’80% del loro reddito per l’acquisto di generi alimentari primari. Molti e svariati sono i fattori che concorrono a questo fenomeno: l’aumento del prezzo del petrolio, i cambiamenti climatici che sconvolgono le fragili produzioni agricole, le diminuzioni delle scorte alimentari globali. Ruolo non minore, se non altro sul piano etico, giocano le speculazioni finanziarie sul prezzo di grano, riso e mais. Questi fondamentali e necessari alimenti di base vengono trattati dagli speculatori dei mercati finanziari ne più ne meno come qualunque altro titolo o azione con tanto di compravendita di derivati e investimenti sui futures, contribuendo alla instabilità dei mercati ed all’aumento dei prezzi.
Anche in questo caso forse i governi dei paesi industrializzati dovrebbero adottare regole forti ed organismi di vigilanza severi per questo tipo di mercati, promuovendo politiche di trasparenza; dovrebbe essere assunto l’impegno a non investire in titoli speculativi legati alle materie agricole, bandendo dalla propria attività  di investimento finanziario la partecipazione ad una così discutibile mercato.
Probabilmente un contributo sostanziale sul piano del cambiamento potrebbe essere costituito a partire da una rinnovata coscienza domestica. La politica delle donne ben conosce le regole dell’ambiente domestico che potrebbero divenire le regole per un intero ambiente domestico mondiale. Ina Praetorius, dottora in teologia, docente, casalinga e madre,  ipotizza un modello per la convivenza in tutto il mondo, ponendo al centro ciò cui spetta il centro e spostando  al margine ciò che è marginale; l’ambiente domestico inteso come tessuto relazionale, nel quale convivono diverse persone contemporaneamente, libere e dipendenti da altre, dove tutti possano essere in grado di soddisfare i propri bisogni secondo ciò che hanno da offrire, indipendentemente dal mercato, preoccupato esclusivamente dell’ottenimento di vantaggi per pochi, nell’ottica di una visione dinamica della libertà in relazione con altri ed altre.

Maria Vittoria Montemurro        22 gennaio 2013        Pubblicato nella sezione (sociale)