“Educere”,
dal latino, sta per portare fuori,far emergere, qualità mentali e fisiche,
potenzialità, carattere, personalità del singolo/a che si ha il compito di
formare; il tutto dentro un sistema educativo in cui chi opera, in questo caso
l’ educatore, abbia competenza,
chiarezza del proprio ruolo, vitalità intellettuale, consapevolezza dell’
unicità della relazione, con l’obiettivo finale di fare comunità/ polis. Quindi
educatore, insegnante, formatore, maestro, istitutore, pedagogo, (e molti altri)
i termini per dar corpo e nominare l’agente della formazione per antonomasia;
costui/costei si suppone:
a)sia
radicato in un determinato contesto
storico/sociale
b)abbia
individuato gruppi di persone a cui rivolgere il proprio operato
c)sia
ancorato, supportato da un’analisi dei principi, delle idee, degli strumenti (tecniche e metodo) cioè del modello
pedagogico con cui orientare la comunità da educare.
Dai
secoli dei secoli fino ai nostri giorni la figura dell’educatore e il
conseguente processo educativo sono stati al centro dell’impegno di molti
teorici e ricercatori in vari campi d’esperienza, dalla filosofia alla
sociologia, passando dalla psicologia; tante le sfide dei grandi alfieri della
pedagogia , da Rosseau a Freinet, che spesso l’hanno costretta su versanti
dogmatici ed unilaterali, spesso “funzionale” a precisi contesti socio-politici
(i nazisti e i sovietici sapevano cosa e
come educare)
La
pedagogia moderna, parliamo dell’ultimo mezzo secolo, ha profilo
epistemologico, se ne riconosce il
carattere di scientificità e di ricerca di possibili “modelli pedagogici.”
Per
modello pedagogico si intende far riferimento solo “a quegli interventi
educativi voluti ed intenzionali che seguono un preciso disegno formativo
lontani da ogni forma di estemporaneità o spontaneismo, che vuol dire
professionalizzare e scientificizzare il proprio comportamento o l’insieme dei
propri interventi educativi”(P.Bertolini)
E’
abbastanza chiaro che dentro l’esperienza educativa c’è il rischio di
manipolare il processo formativo, cioè condizionare ( bambino,adolescente e non
solo) e orientare secondo le proprie esigenze,la propria cultura, i propri
orientamenti. E’ opinione comune il
massiccio condizionamento dei media per convincere che la propria identità si
costruisce su falsi bisogni!! L’esperienza
educativa,diciamolo senza remore, porta in se’ una qualche tensione
problematica, relativa al rapporto adulto/bambino-adolescente con cui si
stabilisce un rapporto privilegiato. Questo risulta necessariamente squilibrato a tutto
vantaggio del primo (adulto) che può esercitare un “potere” vero e proprio,che
può avere una posizione di dominio, basato su una concezione formale
dell’autorità a scapito di un coinvolgimento proficuo e di una partecipazione
più attiva dell’allievo: una relazione
non univoca,un incontro bello che abbia carattere di reciprocità,
complessità,continuità…
Intorno
a questi argomenti, (quale progetto educativo e quale il ruolo
educatore/allievo) si discute da anni ed inevitabilmente ci si trova davanti ai
tanti cambiamenti generazionali a rifondare i propri orientamenti, rapido il
cambiamento della società,non altrettanto rapida la capacità di stare al passo
e comprendere quale direzione deve prendere chi si occupa di educazione per
ottenere risultati concreti. Ma cosa si intende per risultati concreti?
(continua)